Liguria, Meloni prova la carta Bucci per risolvere il complicato dopo Toti
Regionali Alleati divisi, la Lega spinge per rinnegare l’eredità. Il sindaco di Genova ci pensa
Regionali Alleati divisi, la Lega spinge per rinnegare l’eredità. Il sindaco di Genova ci pensa
È allerta arancione, ma i bollettini meteo c’entrano poco. Dal 7 maggio scorso, dall’arresto di Giovanni Toti, governatore della Liguria, il centrodestra è nella bufera, non passa giorno senza che torni alla ribalta un nome, magari spacciandolo per nuovo. Stavolta (ri)tocca a Marco Bucci, sindaco di Genova, “civico” scelto due mandati fa su indicazione della Lega. Bucci aveva già detto no, con ragioni legittime, non ultimi i motivi di salute, le cure che non ha mai nascosto e la volontà di «portare a termine l’impegno con i genovesi, fino al 2027». In realtà era stato il primo a sfilarsi pubblicamente, quando il governatore era ai domiciliari da poco più di una settimana, a metà maggio.
Ora però a volerlo in corsa è la premier Giorgia Meloni, che lunedì sera al termine di un vertice di maggioranza non sapeva più che pesci prendere. Così ecco il rilancio di Bucci per superare i veti incrociati e l’allerta, con l’obiettivo di trovare un nome per affrontare Andrea Orlando. L’allerta “arancione”, va spiegato, è il dilemma che ha bloccato il centrodestra in questi quattro mesi: fino a che punto e in che modo rompere con Toti e il suo movimento “arancione”? Ma soprattutto: come dare un taglio al sistema di potere che ha governato la Liguria per quasi un decennio e che ora i magistrati definiscono corrotto?
Finite le ferie, hanno cominciato a vedersi e a lanciar sondaggi, hanno cercato di rompere con il passato, finendo sempre a confrontarsi con i blocchi di potere del decennio totiano. E comunque senza trovare ancora chi opporre al candidato del campo largo per il voto del 27 e 28 ottobre. Ma la partita locale nel centrodestra scivola inevitabilmente sugli intrighi nazionali. In Liguria la Lega ha un leader riconosciuto, Edoardo Rixi, viceministro di Matteo Salvini alle infrastrutture. Non ha fatto mancare la solidarietà a chi è stato arrestato, aspettando «le sentenze». Però, un passo alla volta, la Lega si è smarcata, iniziando con una retromarcia sul rigassificatore a Vado Ligure, nel savonese. Era un cavallo di battaglia del totismo dilagante e quel ripensamento ha aperto la campagna elettorale. E poi c’è un’idea di fondo, quella «che tutto non potrà tornare come prima» quando governava Toti. Ecco perché la Lega non vuole la candidatura di Ilaria Cavo, direttissima emanazione di Toti. Ed ecco invece che Fratelli d’Italia vorrebbe l’onorevole Cavo, anche se dopo l’arresto del fu governatore il partito di Meloni non si è prodigato in attestati di stima nei confronti dell’indagato.
Ora nessuno vuole prendere una posizione, battezzare un vero candidato di bandiera. Per la Lega ci sarebbe sempre Pietro Piciocchi, vice del sindaco Bucci, ma qui si apre un’altra partita: la Liguria è difficile da riprendere, c’è aria di debacle. Giocarsi qui un candidato significa lasciar campo libero a FdI, che continua a logorare il Carroccio sui territori e sui governatori. Un candidato leghista in Liguria significherebbe uno meloniano in Veneto, dove il successo appare meno in salita. Così nel giorno del Bucci-Bu (inteso come spauracchio per avversari e alleati incerti) non resta che aspettare che passi la nottata: il sindaco ci sta pensando. Inganna l’attesa con una battuta che accende i suoi sostenitori: «Vi rispondo con nove parole: io la campagna elettorale la faccio in ogni caso». Per lui o per i soliti noti: Cavo, Piciocchi e il viceministro Rixi, che solo dal governo potrebbe avere una spinta decisiva per accettare la candidatura. Manca un nome, restano un paio di certezze: non tutti gli alleati di Toti erano così convinti che la Liguria fosse ben governata. E qualcuno nel centrodestra pensando all’ «allerta arancione» si riscopre giustizialista.
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