La terza vita della ex Caterpillar (già ex Sima) di Jesi comincerà a giugno: ci sono voluti cinque mesi di trattative ma alla fine l’accordo sindacale definitivo per la salvezza dei 189 dipendenti dello stabilimento marchigiano è stato siglato nella giornata di ieri. La nuova proprietà, la Imr Industriale Sud, garantirà la piena continuità occupazionale e produttiva, così come i sindacati chiedevano dall’inizio di questa vicenda.

Nello specifico, annuncia la Fiom, oltre al mantenimento dell’anzianità maturata dai lavoratori, è stato definito un nuovo premio di risultato che non potrà essere inferiore a 1.500 euro all’anno, con un «fisso» di circa 100 euro al mese per ciascun dipendente. Condizioni che saranno valide anche per le eventuali future assunzioni (con diritto di prelazione per i precari storici). Inoltre, qualora da qui a tre anni la Imr non dovesse realizzare gli impegni industriali concordati e quindi dovesse licenziare, è stata stabilita una sorta di penale che va da un minimo di sei a un massimo di trenta mesi di stipendio per i lavoratori.

«DOPO DIVERSI MESI di trattativa la vicenda Caterpillar trova una sua positiva conclusione. – dichiarano Mirco Rota e Tiziano Beldomenico della Fiom –. Il sito di Jesi continuerà ad essere un sito industriale con produzioni diverse ma comunque in grado di salvaguardare tutti i posti di lavoro e in futuro di prospettare la possibilità di altre assunzioni. Ai dipendenti è stato salvaguardato quasi tutto il loro stipendio maturato negli anni nonché i diritti pregressi. Questa vertenza grazie alla determinazione dei lavoratori è un importante risultato che dimostra il fatto che anche quando una multinazionale decide di chiudere un sito, si possono trovare soluzioni concordate per continuare a lavorare e produrre senza rinunciare a diritti e salario», concludono i due esponenti della Fiom.

OLTRE CHE LA LOTTA, il risultato positivo è arrivato anche perché la fabbrica di Jesi ha sempre avuto i conti in ordine e livelli di produttività stabili. È per questo che, quando lo scorso dicembre il direttore di Caterpillar Jean Mathieu Chatain aveva annunciato la sua intenzione di chiudere, la notizia è stata accolta da tutti come un fulmine a ciel sereno. Non tirava aria di crisi, né c’erano avvisaglie di situazioni difficili per l’azienda – 42 miliardi di fatturato e 4,6 miliardi di utile stando all’ultimo bilancio –, tanto che i sindacati si aspettavano di discutere di lì a breve di contratti integrativi e stabilizzazione dei precari. La ragione del taglio risiedeva in una pura dinamica di mercato: delocalizzando la produzione fuori dall’Italia, Caterpillar avrebbe risparmiato almeno il 20% su ogni pezzo realizzato, percentuale che arriverebbe addirittura al 25% se la produzione venisse esternalizzata, passata all’indotto. Il giorno dell’annuncio del piano mortale per Jesi, Chatain aveva anche deciso di annunciare personalmente la cosa agli operai. Il confronto avvenuto nel parcheggio della fabbrica, però, è finito con il manager che, in tutta fretta, è montato sulla sua macchina ed è scappato via, inseguito dai lavoratori inferociti.

È COSÌ CHE, PER LA SECONDA clamorosa volta nella sua storia, dopo la lotta per non far chiudere la Sima nel 1977, tutta la città di Jesi ha deciso di schierarsi al fianco degli operai: cortei, manifestazioni, picchetti, assemblee, addirittura lezioni scolastiche davanti ai cancelli della fabbrica. Per mesi la ex Caterpillar è stata al centro di ogni discorso di un’intera comunità, vero e proprio incubatore politico a vari livelli, con tanto di «gemellaggio» con i lavoratori di Gkn, che proprio da Jesi avevano deciso di cominciare il loro tour italiano.

ALLA FINE LA LOTTA HA PAGATO: una vertenza che pareva quasi impossibile è stata risolta con un accordo che i sindacati definiscono «molto soddisfacente». Dal mutismo completo di Caterpillar, che in un primo momento non sembrava minimamente disposta a mettere in discussione il proprio piano di fuga dalle Marche, si è arrivati alla vendita alla Imr, avvenuta a febbraio. Le settimane successive sono servite alle parti per limare i dettagli dell’accordo che ha salvato i posti di lavoro e consentirà alla fabbrica di avere ancora un domani.