Si apre la crisi allo stabilimento Caterpillar di Jesi, in provincia di Ancona. Nel giorno in cui era attesa la stabilizzazione di alcuni precari, il nuovo direttore Jean Mathieu Chatain ha annunciato il licenziamento di 270 lavoratori (70 dei quali stagionali). Appresa la notizia, un centinaio di dipendenti hanno bloccato la produzione uscendo fuori dallo stabilimento. Lì li ha raggiunti Chatain in persona che, megafono alla mano, ha fronteggiato le tute blu dicendosi «molto dispiaciuto» per quanto accaduto. La causa della chiusura, secondo le parole del direttore, sarebbero da ricercare in «ragioni di mercato», ovvero nell’aumento dei costi dell’acciaio e di altre materie prime necessarie alla produzione di cilindri per macchine movimento terra. Le argomentazioni di Chatain, con tutta evidenza, non hanno convinto gli operai, che, tra gli insulti e il lancio di oggetti, lo hanno sostanzialmente costretto a una precipitosa fuga in automobile, con le guardie private della ditta e la polizia che hanno faticato non poco a evitare un inseguimento sulla vicina autostrada.
Caterpillar è presente a Jesi da un quarto di secolo e sette anni fa aveva addirittura ampliato lo stabilimento. Nella relazione semestrale discussa in Confindustria nella giornata di giovedì, poi, la dirigenza si era vantata dei propri alti livelli di produttività e del fatto di aver dovuto addirittura ricorrere agli straordinari. La decisione, a quanto si apprende da fonti sindacali, sarebbe stata presa dal cda dell’azienda lo scorso 2 dicembre, ma soltanto nella giornata di ieri è stata comunicata ai lavoratori, che adesso riflettono sulle iniziative da intraprendere per cercare di scongiurare la stangata. Dalla giornata di ieri, comunque, di fronte ai cancelli della fabbrica è stato istituito un presidio permanente e non è da escludere che, prima di Natale, si arrivi a convocare un corteo di tutti i lavoratori.
Per una crisi che si apre, sempre nelle Marche, ce n’è anche una che sembra avviarsi verso una conclusione in qualche modo positiva. Dopo mesi di trattative, Fiom, Fim-Cisl e Uilm sono riusciti a chiudere la vertenza Elica, multinazionale di Fabriano leader mondiale nel settore delle cappe da cucina. Il preliminare d’intesa firmato al Mise scongiura i 400 licenziamenti annunciati lo scorso marzo, in un’operazione di «reshoring» dalla Polonia, dove il presidente Francesco Casoli (peraltro ex senatore di Forza Italia) aveva intenzione di delocalizzare la produzione.
Nessun lavoratore verrà mandato via e i 150 esuberi comunque in programma verranno attuati attraverso esodi volontari incentivati e ammortizzatori sociali. Esultano i sindacati: «Una buona notizia per una vicenda cominciata malissimo», dice Barbara Tibaldi della Fiom. Dal canto suo la Uilm annuncia che, in ogni caso, continuerà a vigilare sulla corretta applicazione di un accordo che è stato molto complicato da raggiungere.
La carovana sindacale marchigiana, adesso, però si troverà a dover fronteggiare la crisi di Caterpillar, che pure desta molta preoccupazione, soprattutto perché, al di là dell’infausto annuncio, non c’è ancora alcuna chiarezza su quelli che sarebbero i piani dell’azienda: delocalizzazione della produzione o, come pare, taglio netto dello stabilimento.