Liceo breve, fare 4 anni di scuola per anticipare il precariato a vita
Maturità in quattro anni, poi al lavoro o, per chi potrà, all’università. La ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli ieri ha firmato un decreto che avvia un «Piano nazionale di sperimentazione» che […]
Maturità in quattro anni, poi al lavoro o, per chi potrà, all’università. La ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli ieri ha firmato un decreto che avvia un «Piano nazionale di sperimentazione» che […]
Maturità in quattro anni, poi al lavoro o, per chi potrà, all’università. La ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli ieri ha firmato un decreto che avvia un «Piano nazionale di sperimentazione» che coinvolgerà dal 2018 in poi 100 classi in tutto il paese. Al momento la «sperimentazione» coinvolge solo 11 scuole, sei pubbliche e cinque paritarie, dunque al Nord, due al Centro, quattro al Sud, per un totale di 60 classi.
Sono numeri modesti quelli del «liceo breve», e la sperimentazione va presa per quello che è. Tuttavia ieri il decreto è stato presentato come l’anticipazione di una riforma auspicata da qualche anno a questa parte dagli ultimi titolari di Viale Trastevere. È la chiusura del cerchio della professionalizzazione dell’istruzione pubblica già segnata dall’obbligo dell’«alternanza scuola-lavoro»; della sostituzione dei saperi con le «competenze», in nome di un fantomatico allineamento della scuola italiana a quella «europea». Dove, invece, le soglie sono diverse e non esiste un orientamento omogeneo.
Questi discorsi, e le conseguenti deliberazioni, sembrano ignorare la situazione del mercato del lavoro che penalizza, più di tutti gli altri, proprio i giovani compresi nella fascia anagrafica tra i 15 e i 24 anni. Senza contare che la riduzione di un anno della scuola evidenzierà un’altra tendenza registrata, da ultimi, dai rapporti Almadiploma e Almalaurea: la differenza tra gli studenti che provengono da famiglie abbienti e dove i genitori sono laureati e quindi in grado di garantire ai figli esperienze, cultura, conoscenze e gli studenti che queste possibilità non hanno., indebolendo ulteriormente il ruolo di ascensore sociale che la scuola pubblica e statale ha avuto per molti anni. La combinazione di questi fattori – una didattica orientata alla professionalizzazione e al teaching to test (insegnamento finalizzato alle risposte ai test) e l’anticipo dell’ingresso nella precarietà generalizzata – rischia di ridurre il tempo-scuola e produrre cittadini specializzati, ma non abituati al pensiero critico. Orientamenti che portano l’Usb scuola a chiedere ai collegi docenti di bocciare una sperimentazione priva «di valore pedagogico, ma utile al progetto di smantellamento del sistema scolastico pubblico e statale in favore della scuola azienda funzionale al mercato».
Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, invita i collegi dei docenti a «esprimere un voto che tenga conto di tutte le criticità e delle ricadute che l’accorciamento del percorso di studi potrebbe avere sulla preparazione degli alunni e sull’organico del corpo docente». Per la Gilda il liceo breve è uno specchietto per le allodole: «ridurre di un anno l’iter formativo dei ragazzi non significa garantire automaticamente un posto di lavoro appena terminata la scuola superiore». C’è anche un motivo di preoccupazione: «Tagliando di un anno il percorso di studi, si ridurrebbe anche il corpo docenti. Si tratta di un aspetto che inevitabilmente suscita preoccupazione»-
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