Il giornalista francese Olivier Dubois è atterrato in Francia ieri, il giorno successivo all’annuncio del suo rilascio quasi due anni dopo essere stato rapito in Mali dall’alleanza jihadista del Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani (Gsim), fazione saheliana di Al-Qaeda.

Dubois è stato accolto dai suoi parenti e dal presidente francese, Emmanuel Macron, che ha pubblicamente ringraziato il suo omologo nigerino, Mohammed Bazoum. «Sono stanco, ma sto bene – ha dichiarato lunedì sera al suo arrivo a Niamey, sorridente e visibilmente commosso – è una gioia per me essere libero. Volevo ringraziare le autorità del Niger e la Francia che mi hanno permesso di essere qui».

INSIEME A LUI è stato rilasciato anche il cooperante americano Jeffery Woodke, rapito nell’ottobre 2016 in Niger sempre dallo Gsim. Un grande segreto circonda le condizioni di rilascio dei due ostaggi, anche se il coinvolgimento dello stato nigerino nelle trattative non è più in dubbio. Circa dieci giorni prima della sua liberazione, il capo di stato maggiore dell’esercito nigerino era arrivato a Bamako dove era stato ricevuto dal presidente ad interim, il colonnello Assimi Goïta.

Il coinvolgimento delle autorità nigerine è stato confermato dal ministro dell’Interno del Niger, Hamadou Souley, che in un comunicato di ieri ha indicato «il recupero dei due ostaggi grazie alla task force antiterrorismo nigerina e il loro successivo rilascio alle autorità francesi e americane». Una scelta fatta da Parigi a causa del progressivo deteriorarsi dei rapporti diplomatici tra il governo francese e l’esercito maliano ed il rallentamento nelle trattative per il rilascio del giornalista francese.

Olivier Dubois, giornalista freelance di 48 anni collaboratore di Liberation, Le Point e Jeune Afrique, è stato rapito lo scorso 8 aprile 2021 a Gao, nel nord del Mali, dal Gsim, in circostanze ancora poco chiare, forse mentre era in procinto di intervistare un esponente di rango del gruppo jihadista che lo ha rapito.

Lo stesso Dubois aveva annunciato il suo rapimento in un video postato sui social network il 5 maggio 2021. Il suo rilascio è un «enorme sollievo dopo 711 lunghissimi giorni trascorsi in Mali in prigionia», ha indicato in un comunicato Reporters Sans Frontières (Rsf).

NONOSTANTE la buona notizia del rilascio dei due ostaggi, la situazione in Mali resta sempre difficile per la popolazione locale. Da quasi un anno le regioni settentrionali e centrali di Gao e Ménaka sono teatro di una vasta offensiva dello Stato Islamico nel Grande Sahara (Eigs) con violente battaglie che vedono contrapposte da una parte i miliziani dell’Isis e dall’altra quelli del Gsim, alleate con i gruppi separatisti touareg dell’Azawad.

Un recente report delle Nazioni unite indica che «sono almeno 120mila i profughi che nelle regioni centrali e settentrionali del paese si stanno spostando in massa verso la zona meridionale del paese alla ricerca di protezione», a causa dell’inesorabile avanzata dello Stato islamico con almeno «2mila vittime negli ultimi sei mesi».

Le Nazioni unite e le organizzazioni non governative denunciano ripetuti attacchi e operazioni punitive contro comunità accusate «di aiutare il nemico o di rifiutarsi di unirsi alle fila delle due fazioni jihadiste». Human Rights Watch ha riferito in ottobre che i gruppi fedeli all’Eigs hanno massacrato «centinaia di abitanti dei villaggi che si erano rifiutati, di pagare le tasse, di ricevere protezione e di assoggettarsi al califfato».

DINERSI ANALISTI spiegano che l’avanzata jihadista è legata principalmente alla definitiva partenza della forza antijihadista francese Barkhane, che nell’ultimo anno aveva concentrato le proprie operazioni militari contro l’Isis, e dal successivo arrivo dei mercenari della compagnia russa Wagner.

A più di un anno dall’arrivo di Wagner – «mercenari» secondo i paesi occidentali o «consiglieri militari» secondo il governo maliano – il bilancio sembra comunque deficitario. Un segnale confermato dal totale ritiro delle forze armate maliane (Fama) dal nord e dal loro progressivo arretramento, con attentati che nell’ultimo periodo stanno colpendo località vicino alla capitale Bamako, considerata fino a pochi mesi un’area sicura.