L’Europa nell’economia di guerra, la voce della pace
Guerra in Ucraina Il voto del Parlamento europeo conferma che siamo entrati dentro l’economia di guerra senza se e senza ma. Poco importano regolamenti e trattati, manco a dirlo l’opinione e la volontà […]
Il voto del Parlamento europeo conferma che siamo entrati dentro l’economia di guerra senza se e senza ma. Poco importano regolamenti e trattati, manco a dirlo l’opinione e la volontà popolare. Silenzio assordante rispetto al rischio di incidente o utilizzo di armi nucleari. 446 voti a favore, 112 astensioni e 67 voti contrari, con questi numeri il Parlamento europeo ha approvato il mandato, proposto dalla Commissione europea, per negoziare con gli stati membri le modalità per produrre, «nel più breve tempo possibile», munizioni da inviare oggi in Ucraina e domani chissà dove.
Ma non essendo questa una posta di bilancio prevista, il Parlamento conviene che le risorse possano essere stornate dai fondi destinati alla «ripresa e resilienza» dalla crisi sanitaria e da quelli destinati alle politiche di coesione sociale, in una Europa che è sempre più divisa tra i pochi che accumulano ricchezze ed i tanti che si aggiungono agli elenchi delle tante povertà. Il messaggio è chiaro: la priorità oggi è vincere la guerra e per questo servono le munizioni. Iniziamo con un chip da 500 milioni di Euro dal bilancio comunitario, e vediamo quanto saprà rilanciare l’industria bellica e gli stati membri. Nel frattempo, via libera a questi di reperire i fondi da ogni dove; dalla sanità, all’educazione, agli investimenti per l’autosufficienza energetica e per le rinnovabili, dalla messa in sicurezza del territorio, alla spesa sociale e deroghe ai contratti collettivi, e se serve, che si aumenti pure la giornata lavorativa ed il precariato.
Ha fatto bene la Rete italiana Pace e Disarmo a denunciare, assieme ad altre realtà, la violazione dell’articolo 41 del Trattato che vieta l’uso dei fondi europei per spese militari e di difesa, annunciando una mobilitazione ed un’azione legale contro questa decisione. Ma una riflessione collettiva su quanto stia avvenendo in Europa e nel nostro paese è doverosa ed opportuna in vista del prossimo appuntamento del 2024 quando saremo chiamati ad eleggere il nuovo parlamento europeo.
Innanzitutto va ribadito che il sostegno all’Ucraina ed alla sua popolazione, vittima della brutale ed assurda invasione da parte dell’esercito russo e delle varie brigate di mercenari, trova piena condivisione da parte di tutto il movimento pacifista che si è unito alle mobilitazioni di Europe for Peace. La differenza con le scelte e le decisioni prese dall’Unione Europea e dai suoi stati membri è di tradurre questo sostegno nell’obiettivo di vincere la guerra con la guerra, e non come sostegno a fermare la guerra, per salvare le vite, per fermare la mattanza, le distruzioni, il dilagare dell’odio etnico e del nazionalismo più radicale. E’ bene ribadire che costruire la pace giusta per la via del negoziato, della politica e diritto internazionale, non ha nulla a che vedere con la resa.
Sembra che tutto ciò che abbiamo appreso e costruito dalla fine della seconda guerra mondiale nei confronti della guerra non sia più il monito a cui attenersi visto che alla guerra torniamo a rispondere con le armi e non più con gli strumenti della politica e della diplomazia. Neppure il rischio di un cataclisma nucleare è in grado di sollevare dubbi e un dibattito nel nostro parlamento ed in quello europeo. Anzi, nelle sedi istituzionali si discute con molto interesse di ricostruzione mentre la guerra miete morti e distruzioni ogni minuto senza soluzione di continuità ed assistiamo ad attentati e ad azioni oltre confine che aumentano caos e ritorsioni. Le diverse iniziative per avviare un negoziato tra le parti sono state tutte derubricate e cestinate come impossibili e ed inutili, compreso quelle del Vaticano.
La decisione del Parlamento europeo rappresenta l’ennesimo segnale di una politica che ha perso per strada i principi ed i valori su cui costruire la convivenza tra i popoli, e di fronte a questa deriva occorre che la società civile sia unita, organizzata e mobilitata.
Il 10 ed 11 giugno a Vienna le reti pacifiste europee ed internazionali si riuniranno per discutere e costruire alleanze e mobilitazioni per il cessate il fuoco ed il negoziato con il coinvolgimento delle popolazioni coinvolte nella guerra. Il 30 settembre ci sarà una grande mobilitazione a Roma, promossa da una grande alleanza di società civile per chiedere l’applicazione della costituzione ed iniziati e simili si realizzeranno nelle capitali europee e di altri continenti.
La pace è possibile solo in una società responsabile, democratica e universale.
* Coordinamento di Europe for Peace
Responsabile Pace – Area Internazionale CGIL
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