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L’Europa è stanca e divisa

L’Europa è stanca e divisaUrsula von der leyen e Volodymyr Zelenskyy – Ap

Due anni di guerra Von der Leyen, attesa oggi a Kyiv, promette un sostegno incrollabile. Ma l’Unione non marcia all’unisono e l’opinione pubblica è scettica

Pubblicato 7 mesi faEdizione del 24 febbraio 2024

L’Eliseo organizza per lunedì una riunione tra gli europei in sostegno all’Ucraina. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, oggi sarà a Kyiv. Ieri, la Ue ha varato il 13esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, ha scritto una lettera ai 27, per fare pressione e «trovare modi per aumentare il sostegno all’Ucraina», in particolare per armi e munizioni.

SUL TERRENO LA GUERRA è in difficoltà e l’Europa è di fronte a un momento amletico sempre più evidente, l’unità mantenuta finora comincia a mostrare qualche crepa. Anche le opinioni pubbliche manifestano una “fatica” di guerra e accentuano le differenze, con uno schieramento est-nord, che resta determinato a sostenere Kyiv, mentre un fronte ovest-sud, dove cresce l’indifferenza, chiede ormai a maggioranza un compromesso, anche se c’è concordia nel ritenere il destino dell’Ucraina una responsabilità europea. I partiti di estrema destra che vogliono lo stop alle armi all’Ucraina sono in crescita in molti paesi. Solo il 10% degli europei crede ormai che l’Ucraina uscirà vittoriosa (il 20% pensa che sarà la Russia), stando ai risultati di un sondaggio realizzato dall’Ecfr (European Council on Foreign Relations). Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, avverte: «La sconfitta dell’Ucraina metterebbe in pericolo i valori della Ue». Ma la “fatica” si fa sentire sul fronte economico, anche nei paesi che più sostengono Kyiv, come la Polonia: gli agricoltori europei protestano contro l’arrivo di cereali e polli dall’Ucraina, a prezzi inferiori, grazie alla levata di dazi e quote (il proseguimento di questa concessione del 2022, che dovrebbe essere deciso a giugno, è contestato da alcune capitali).

24 FEBBRAIO 2022-24 febbraio 2024: la guerra entra nel terzo anno e la Ue ha cambiato volto. Ormai, le questioni di difesa sono in primo piano, accentuate dal rischio di un progressivo distacco statunitense, Finlandia e presto Svezia sono nella Nato. In questi due anni, l’Europa è riuscita a uscire dalla dipendenza alle energie fossili russe. Nel 2022, prima dell’aggressione, una unità su 5 di energia consumata nella Ue proveniva da combustibili fossili russi, adesso siamo a uno su 20. La dipendenza dal gas russo è passata dal 45% al 15%, per il petrolio da 14,9 milioni di tonnellate a 1,7. Ma ci sono paesi che non hanno partecipato a questo sforzo: non solo l’Ungheria, ma anche la Slovacchia, in parte la Bulgaria, e soprattutto l’Austria, che continua a dipendere al 98% dalle importazioni di gas russo. Mosca incassa ancora circa un miliardo di euro da questo export, grazie anche ai raggiri attraverso paesi terzi, manovre che punta a punire il 13esimo pacchetto di sanzioni appena varato.

LA UE È VENUTA in aiuto dell’Ucraina, anche se non riesce a mantenere la promessa di un milione di munizioni (a marzo saranno 524mila), la produzione è aumentata del 40% ma non basta, ieri era allo studio uno stanziamento d’urgenza di 1,4 miliardi per comprare obici da paesi terzi. Nel novembre 2022 ha lanciato una missione militare per la formazione dei soldati ucraini. Di recente, dopo la Gran Bretagna, Germania e Francia hanno firmato degli accordi bilaterali militari con l’Ucraina, l’Italia è in pista, in seguito alla decisione presa al G7 a cui si sono uniti circa 25 paesi.

LA UE HA FINANZIATO l’Ucraina con 88 miliardi dall’inizio della guerra, tra aiuti militari, assistenza finanziaria, stanziamenti per l’accoglienza dei rifugiati (6 milioni di persone). All’inizio del mese, ha votato 50 miliardi di aiuti (33 di prestiti, 17 di sovvenzioni), piegando l’opposizione dell’Ungheria. Viktor Orbán aveva già ceduto, uscendo dalla stanza, all’apertura dei negoziati di adesione di Kyiv alla Ue, nel dicembre scorso, dopo che era stato concesso in fretta all’Ucraina e alla Moldavia lo statuto di candidato nel giugno del 2022, anche se i due paesi non avevano i requisiti.

Oggi, c’è la frenata: rimandata la “valutazione” che avrebbe dovuto aver luogo a marzo ed è ormai evidente che non ci saranno passi avanti prima delle europee di giugno e che si passerà oltre la presidenza ungherese del Consiglio, nel secondo semestre di quest’anno.

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