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Letta va a Torino per «l’ultimo miglio» di Lo Russo

Letta va a Torino per «l’ultimo miglio» di Lo RussoIl candidato sindaco Stefano Lo Russo con il segretario Pd Enrico Letta – Ansa

Il voto L'astensione sarà l'ago della bilancia. Dopo giorni di fair play i due candidati litigano sul rischio neofascista

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 16 ottobre 2021

Una sedia in centro, in piazza Carignano, e una in periferia, in piazza Galimberti, per ascoltare la voce dei cittadini. Enrico Letta ha scelto Torino per chiudere la campagna elettorale in vista del ballottaggio e per sostenere Stefano Lo Russo. E si è messo sulla sedia che ha contraddistinto la corsa del candidato di centrosinistra, in testa al primo turno con il 43,86%. Paolo Damilano, un po’ a sorpresa, si è, invece, fermato al 38,9% e, ieri, ha ricevuto il sostegno e la visita del leader leghista Matteo Salvini, snobbato prima del 3 ottobre a ridosso del caso Morisi e, ora, utile alfiere del tema sicurezza. Salvini e Damilano hanno scelto di incontrarsi all’ex Moi, già Villaggio olimpico, dove tra il 2017 e il 2019 sono stati sgomberati centinaia di migranti. A 500 metri di distanza e mezz’ora prima dalla coppia Lo Russo-Letta, seduta in piazza. Stesso quartiere, però, il Lingotto: considerato elettoralmente tra i più contesi.

C’è ottimismo intorno al centrosinistra. «L’ultimo miglio sarà decisivo – ha detto il segretario dem – Stefano sarà il sindaco del futuro, i torinesi lo hanno già scelto». In piazza Galimberti, Letta è stato avvicinato, tra gli altri, da una donna di origine araba, che vive in Italia da 30 anni e l’ha ringraziato per l’impegno sullo ius soli. «La verità – ha precisato il leader Pd – è che abbiamo fatto meno di quanto avremmo voluto». Per Letta, «il risultato di lunedì di Torino sarà guardato con tutta l’attenzione necessaria e sono convinto che la città tornerà a essere capitale».

La sfida tra i due candidati si è scaldata solo nell’ultima settimana. Entrambi moderati dei rispettivi schieramenti, si definiscono amici, hanno abbandonato il fair play. Ed è emersa una maggiore competenza da parte di Lo Russo, ex capogruppo Pd in consiglio comunale, rispetto a un’improvvisazione sui temi più tecnici di Damilano. Per esempio, sulle partecipate. «Che fare di Iren? Quotiamola». In realtà, lo è da un pezzo. «Gtt? Facciamo un po’ di marketing per rendere più simpatici gli autisti». Ha preferito così replicare il marchio di fabbrica del berlusconismo: l’imprenditore pronto ad amministrare il pubblico come la sua azienda, con tanto di promesse annesse. Ai lavoratori Embraco: «Entro giugno 2022 vi ricolloco tutti e 391 grazie ai miei amici imprenditori». Ai torinesi: «Abbasserò il biglietto di tram e metro a un euro».

Il nervosismo si è avvertito su temi come l’insorgenza dei neofascismi. Damilano condanna il consigliere di circoscrizione torinese di Fratelli d’Italia che ha ringraziato «i camerati», ma non è intervenuto sulle ambiguità di Meloni e ha accusato l’avversario di strumentalizzare la questione: «Mi dipingete come l’uomo nero, evocate il filo spinato, quando mio padre era un partigiano. Guardate, invece, alle violenze in Val di Susa».

Le deboli speranze di Damilano sono legate alla capacità di rimotivare gli astenuti, magari quelli che votavano Lega e non sono andati al seggio. Nella coalizione di sinistra è presente Sinistra Ecologista, forte di un buon 3,6%: «La sfida è doppia – spiega Jacopo Rosatelli, consigliere eletto e uno dei due portavoce della lista – Battere una destra fortissima perché ricchissima e portare nell’amministrazione di centrosinistra idee radicali su ambiente e giustizia sociale. Sappiamo che non è facile né l’una né l’altra cosa, ma attorno a noi sentiamo una spinta e un entusiasmo, anche giovanile, che ci dà forza e che alimenta il nostro ottimismo della volontà».

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