Per il terzo giorno consecutivo il colosso energetico Gazprom ha ridotto le forniture di gas ai suoi principali clienti europei attraverso il gasdotto Nord Stream. Dopo il calo del 15 per cento registrato mercoledì, Eni ha fatto sapere di avere alzato la domanda del 44 per cento e di avere ricevuto soltanto il 65 per cento di quanto richiesto. Per i tedeschi di Uniper il taglio corrisponde al 25 per cento. Soltanto l’austriaca Omv ha deciso di mantenere il riserbo sui dati. Le tre società hanno cominciato il mese scorso le procedure per aprire a GazpromBank due diversi conti, uno in euro, uno in rubli, con cui completare i pagamenti secondo i nuovi criteri stabiliti dal capo del Cremlino, Vladimir Putin.

NORD STREAM è un canale di approvvigionamento strategico. Collega l’Europa ai grandi giacimenti siberiani attraverso il Mar Baltico. Dal terminal di Greifswald, in Germania, il gas fluisce verso i paesi del sud. In tempo di pace l’infrastruttura garantiva 50-55 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Ora funziona al 40 per cento della capacità. Le conseguenze del processo possono diventare significative nel breve, nel medio e nel lungo periodo. Sul piano finanziario le quotazioni del gas continuano a salire. Su quello della sicurezza le autorità italiane hanno già notato rallentamenti nel riempimento degli stoccaggi. E in tema di industria il Wall Street Journal ha messo in guardia sul rischio di una nuova crisi in Europa dovuta alla fine dell’epoca del gas russo a basso costo. «Un eventuale stop a Nord Stream significherebbe la catastrofe per il sistema produttivo tedesco», ha detto ieri non a caso l’inviato russo presso l’Unione europea, Viktor Chizhov. Gazprom sin qui ha parlato di ragioni tecniche, di un guasto agli strumenti Siemens nella stazione di compressione Portovaya, sull’isola Vysock, a un centinaio di chilometri da San Pietroburgo, verso il confine con la Finlandia. Questa è la versione che ha ripetuto ieri il numero uno della multinazionale, Alexei Miller, secondo il quale il problema si sarebbe potuto superare senza interrompere il servizio, ma le sanzioni stanno impedendo a Siemens di consegnare i pezzi di ricambio.

UNA SOLUZIONE, sempre secondo Miller, c’è. E passa per Nord Stream 2. Questo è come noto il gemello di Nord Stream che russi e tedeschi hanno completato alla vigilia della guerra in Ucraina. Proprio le tensioni di quei mesi hanno impedito che entrasse in funzione. «Nord Stream 2 è pronto in qualsiasi momento», ha detto Miller. Mercoledì, dopo i primi tagli delle forniture, da Berlino il vicecancelliere e ministro dell’Economia, Robert Habeck, aveva parlato di «decisione pretestuosa». Miller con le sue nuove dichiarazioni è andato ben oltre. Sta guidando la questione su un terreno di confronto che è puramente politico. Anche perché, nelle stesse ore, ha comunicato che nei primi cinque mesi del 2022 la quantità di gas ceduta alla Cina è cresciuta del 67 per cento. Insomma, una risposta indiretta e anticipata a quanti dovessero chiedere che cosa farebbe la Russia senza il ricco mercato europeo. A quanto pare l’alternativa esiste.

I FATTORI che hanno spinto Putin verso la guerra in Ucraina sono iscritti nei più profondi canoni della politica russa. Nord Stream 2 non sarà certamente il principale. Sarebbe un errore, tuttavia, ignorare il valore simbolico, oltre che economico, di questa opera. Il 22 febbraio il governo tedesco ha fatto sapere che avrebbe bloccato il processo di certificazione del gasdotto. Il 23 il presidente americano, Joe Biden, ha imposto pesanti sanzioni contro il consorzio che lo aveva costruito. «Ora Nord Stream 2 è soltanto un tubo in fondo al mare», ha detto nella notte un funzionario dell’Amministrazione americana. Il 24, all’alba, la tv di stato in Russia ha trasmesso il messaggio con cui Putin annunciava l’inizio dell’operazione speciale in Ucraina. Per questo le parole di Miller dovrebbero essere intese nel loro significato più ampio: la questione non riguarda semplicemente il gas, ma l’intero equilibrio di un continente. La prospettiva di passare a Nord Stream 2 nel bel mezzo della guerra rappresenterebbe per il Cremlino un clamoroso successo. Per gli europei vorrebbe dire riconoscere la completa dipendenza dalla Russia.