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«L’eroe del petrolio» Alekperov lascia la Lukoil contro guerra e sanzioni

«L’eroe del petrolio» Alekperov lascia la Lukoil contro guerra e sanzioni

Russia Retromarcia della governatrice Nabiullina: «Non c’è il rischio di default»

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 22 aprile 2022

Delle ragioni nessuno parla apertamente, ma pare del tutto possibile che la scelta di lasciare i vertici di Lukoil, la seconda società russa del settore petrolifero, Vagit Alekperov l’abbia assunta per protesta con la guerra in Ucraina.

Se così fosse, sarebbe il principale segno di dissenso emerso sino a questo punto nella cerchia del Cremlino. Più delle critiche sollevate al Consiglio federale da Lyudmila Narusova, la vedova di Anatoly Sobchak, che di Vladimir Putin a San Pietroburgo negli anni Novanta era stato il padrino politico. Molto più della decisione dell’economista Anatoly Chubais di lasciare il paese dopo tre decenni passati a smontare e rimontare le finanze nazionali con tre diversi presidenti: oltre a Putin, lo ha fatto per Eltsin e Medvedev. A differenza di Narusova e Chubais, Alekperov, 71 anni spesi per intero nell’industria del greggio, si porta dietro le perplessità di un apparato che è decisivo per gli equilibri interni, e che ha visto di colpo interrotti canali rimasti aperti anche al tempo della Guerra fredda.

In quell’apparato Lukoil è da tempo un punto fermo. Controlla il 2 per cento delle estrazioni globali di idrocarburi e l’1 per cento delle riserve. Ha 110.000 dipendenti. Possiede una rete di distribuzione con 2.500 stazioni di servizio dentro e fuori dalla Russia, una trentina quelli in Italia, quasi tutti in Sicilia, oltre all’impianto di raffinazione «Isab» di Priolo, nel polo alle porte di Siracusa.

Nell’industria del petrolio Alekperov è conosciuto come uno dei «generali siberiani». A Lukoil era arrivato nel 1993 dopo anni al giacimento di Kogalym, un centinaio di chilometri a nord di Surgut, sopra il fiume Ob, a cinque ore di volo da Mosca. Le storie sul suo conto sono decine. Dal Partito comunista rischiò di essere espulso per avere preteso case di mattoni, anziché di legno, per i suoi operai.

Una volta, per rassicurare i saldatori chiamati a riparare un oleodotto, rimase seduto sulla conduttura per tutto il tempo del lavoro. Così a Kogalym si era guadagnato il soprannome di «Alekpervij», un gioco di parole con la parola «pervij», che in russo significa «primo». Quando il partito lo ha chiamato a Mosca, alla fine degli anni Ottanta, per un incarico nel governo, alcuni dicevano ironicamente che fosse un premio per essere riuscito a costruire il comunismo in una sola città. Un altro aneddoto riguarda l’aereo privato, uno Yak142, che avrebbe donato all’ex presidente kazaco, Nursultan Nazarbayev.

Del petrolio russo Alekperov è un indiscutibile eroe. E forse è per quello che all’inizio di marzo aveva autorizzato personalmente la nota con cui Lukoil ha auspicato la fine del conflitto, esprimendo solidarietà alle vittime dell’operazione speciale lanciata qualche giorno prima da Putin con il suo ministro della Difesa, Sergeij Shoigu. Nessuno nell’enclave del presidente si era esposto così tanto.

Quello resta ancora uno dei messaggi più espliciti contro la guerra arrivati dalla società russa. Certo, è possibile che una parte della questione sia anche personale, perché Alekperov è fra gli industriali più colpiti dalle sanzioni.

A cominciare dalla Gran Bretagna, un paese in cui avrebbe concentrato beni per venti miliardi di euro. I suoi conti, le sue ville e le sue barche sono al centro di una caccia internazionale. Uno yacht di lusso da sessanta milioni di euro chiamato Galactica Super Nova è scomparso dai radar. Sarebbe in Montenegro. Il caso sta sollevando forte imbarazzo nel paese, che fa parte della Nato.

Le vicende di Alekperov sono intimamente legate a quelle dell’economia russa. «Nei prossimi affronteremo cambiamenti strutturali», aveva detto la scorsa settimana la governatrice della Banca centrale, Elvira Nabiullina.

Si riferiva proprio alla fine del modello che negli ultimi anni ha permesso al paese di vivere sulle rendite di gas e petrolio. Ieri Nabiullina ha ricevuto dalla Duma un nuovo mandato. È il terzo. Dubbi non ce n’erano. L’unico, peraltro debole, ma comunque dibattuto, riguardava proprio la sua disponibilità.

Lo ha allontanato ribadendo ai deputati che il paese «non corre alcun rischio default». Putin lo aveva detto all’inizio della settimana. È esattamente quello che il presidente vuole sentire.

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