Lenin, l’eterno vivente delle immagini
Pagine «Poesie, statue, ritratti», da Postcart editore
Pagine «Poesie, statue, ritratti», da Postcart editore
L’elicottero che porta via una gigantesca statua di Lenin, dopo il crollo del muro di Berlino, è l’immagine più iconica del film Good bye, Lenin! con la quale il regista Wolfgang Becker nel 2003 raccontava la caduta dell’Unione Sovietica. Dopo un primo periodo caratterizzato da un’ imperante statuomania «leninista», col crollo dell’URSS le statue dedicate al leader bolscevico sono andate incontro ad una sistematica demolizione. Tra i monumenti, le statue sono i mezzi più efficaci del potere per rappresentare e celebrare il proprio sistema di valori. Ma quando il potere viene sostituito da un altro, la furia iconoclasta le indica come il primo bersaglio da colpire. Scolpite su pietra, dunque, e tuttavia provvisorie, destinate a vivere e infine a venire eliminate.
Una parabola, quella della statuaria dedicata al capo bolscevico, ricostruita minuziosamente dal fotografo, che è anche docente emerito a Ca’ Foscari di lingua e letteratura persiana, Riccardo Zipoli, curatore del volume Lenin l’eterno vivente poesie, statue, ritratti, Postcart editore, che propone fotografie di monumenti celebri ma anche immagini anonime di cultura popolare; in tutto 36 foto tra statue, busti e ritratti provenienti da Europa, Asia ed America. Tra esse vi sono anche i tre monumenti presenti in Italia: quello della Cooperativa Agricoltura Nuova a sud di Roma, il busto di Cavriago e la statua esposta nel Rossini Art Site di Briosco. Ricordata inoltre la famosa stele di Capri, realizzata nel 1969 da Giacomo Manzù, su iniziativa della locale sezione del PCI. Impreziosisce il volume anche la ripubblicazione di un piccolo libretto tagico del 1970 dal titolo Vivente in eterno contenente 1212 versi, composti da numerosi poeti tagichi in occasione del centenario della nascita di Lenin. Una antologia celebrativa di 36 poesie, con testo originale a lato, che accompagnano altrettante fotografie in una singolare commistione tra l’accademica persiana e la rivoluzionaria vena tagico- sovietica, espressione di una devozione poetica verso un leader che contribuì ad innalzare il livello di vita del Tajikistan.
La grafica di copertina e i risguardi del volume di Zipoli oltre al titolo, si richiamano ai temi decorativi tradizionali utilizzati nel volumetto tagico. Lenin muore il 21 gennaio 1924. A pochi giorni dalla sua morte, nonostante il leader lo detestasse, inizia ad imperare il culto della sua persona assieme alla sua biografia idealizzata. Così l’iconoclasta rivoluzionario che nel 1918 fece demolire tutti i monumenti di epoca zarista per sostituirli con altri dedicati a Marx, Engels e alla rivoluzione, non appena esala l’ultimo respiro, viene trasformato in un’icona. La prima statua è eretta a Samarcanda nel ‘24, da allora in tutte le città ed in ogni villaggio si innalza una sua statua e consuetudine vuole che un matrimonio sovietico non sia veramente consumato se, alla fine della cerimonia civile, gli sposi non vanno a fotografarsi sotto una sua statua. Nei testi poetici a lui dedicati ideologia comunista e credo religioso si fondono, Lenin è mortale ma immortale è ciò che rappresenta.
Pur essendosi espresso chiaramente di voler essere sepolto nel cimitero di Volkovskoe a San Pietroburgo accanto alla madre e, nonostante il parere contrario della moglie e di alcuni leader bolscevichi, tra cui Trockij, Stalin decide la sua imbalsamazione. La sua calotta cranica viene segata e il cervello tagliato in fette finissime, da adorare come reliquie. La lenin-mania diminuisce quando Stalin si impone al centro dell’attenzione pubblica. Ma con Leonid Breznev la memoria di Lenin continua ad essere venerata, nel solco tracciato da Nikita Krusciov. Con l’ascesa di Gorbaciov inizia invece la veloce decadenza.
Nel suo corposo ed elegante testo Zipoli elenca le statue abbattute e quelle ricollocate nei diversi paesi. In Ucraina, con eccezione del Donbass e della Crimea, i simboli leninisti scompaiono dopo l’aprile 2015, con la legge sulla «decomunistizzazione» del paese. In Bielorussia destino diverso, poiché le statue rimangono al loro posto, così in Russia dove nel 2022 ne esistevano ancora circa 5000, solo a Mosca se ne contavano più di 100 nel 2012.
A Praga, Varsavia e Sofia vengono spostate nei musei dell’arte socialista. Al contrario nel resto del mondo sorgono nuove statue come a Goa in un villaggio per turisti, a Montpellier attorno a Place Helios o a Caracas sul Paseo de la Revolucion. Nel volume viene riservata una particolare attenzione al Tajikistan, il paese musulmano più povero delle ex repubbliche sovietiche dove si parla prevalentemente una varietà del persiano, oggi scritto con alfabeto cirillico. Descritto come il più grande fra i grandi e il più umano di tutti gli esseri umani, Lenin in quel paese diventa un personaggio salvifico e venerato. Nemmeno il 1989 modifica questo giudizio. Nel 1991 il paese dichiara la propria sovranità nazionale nonostante, nel referendum pansovietico di quell’anno, il 90,02% dei votanti si fosse espressa a favore del mantenimento dell’URSS. Oggi la statua di Isma’ili Samani, sovrano della dinastia, emiro della Transoxiana dall’892 al 907, ha sostituito nel centro della capitale la statua di Lenin. Ma il suo abbattimento apre la strada ad una sanguinosa guerra civile durata dal 1992 al 1994. Così le statue di Lenin anziché abbattute, sono state prevalentemente ricollocate o in altri luoghi urbani o in magazzini statali ed oggi ne resistono ancora, in quel paese, ben 60.
Oltre alle fotografie e poesie, il volume raccoglie anche altri contributi: Stefano Pellò descrive la declinazione leninista della millenaria cultura letteraria persiana dell’Asia Centrale. Mirco Carrettieri elenca i monumenti di Lenin nel mondo, Aldo Ferrari si sofferma sulla situazione tagica nel contesto russo-sovietico. Gli apparati finali sono costituiti dalle biografie dei poeti di Rebecca Ciattini, Davide Lago è curatore di una scheda sul Tajikistan e sulla sua lingua, mentre l’ indice delle persone e dei luoghi è a cura di Giovanni Keller.
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