Le toghe si spaccano sull’azione contro Senaldi
Giustizia Il direttore di Libero aveva definito i magistrati «un cancro». Il presidente dell'Anm Santalucia: «Vanno bene le critiche, ma non il vilipendio»
Giustizia Il direttore di Libero aveva definito i magistrati «un cancro». Il presidente dell'Anm Santalucia: «Vanno bene le critiche, ma non il vilipendio»
Dipendesse solo da loro, la guerra con il governo le toghe se la risparmierebbero volentieri. E infatti ad ogni attacco che proviene dalla destra – e ormai cominciano ad essere tanti – le risposte che arrivano sono tutte uno smorzare, un arrotondare gli spigoli, un cercare di non alzare troppo i toni. Il perché è evidente: manca la compattezza tra le correnti e, benché tutti o quasi siano d’accordo sul fatto che certe uscite siano intollerabili, quando si tratta di decidere il da farsi non si trova mai l’accordo. Questo vale almeno in teoria: se si sottolinea che la riforma sulla separazione delle carriere è un affronto al potere giudiziario, ancora non si sciolgono le riserve sulle iniziative di protesta. Anzi, ormai di sciopero non se ne parla neanche più. Resta lo scontro disegnato a colpi di dichiarazioni e iniziative giurisdizionali, senza alzare troppo il tiro, appunto, nella consapevolezza che le divisioni indeboliscono e che, fuori, l’opinione pubblica non ha più in simpatia la magistratura come negli anni del berlusconismo. Anzi, al contrario, i sondaggi di opinione in questo senso spesso e volentieri impietosi verso i giudici.
La divisione in seno all’Anm, comunque, si è vista chiaramente anche ieri, quando si è trattato di votare su un’eventuale azione civile da intraprendere contro il direttore di Libero Pietro Senaldi, che un mese fa su La7 aveva definito la magistratura come «uno dei cancri del paese»: 10 favorevoli, 9 contrari e 8 astenuti (tra cui il presidente Giuseppe Santalucia). E la spaccatura è servita, con certo seguito di future polemiche, senza dubbio strumentali ma di certo anche pesantissime, sulla libertà d’espressione, quella di informare e quella di dire sciocchezze in prima serata. Niente che non si sia mai visto, ma anche, proprio per questo, niente di inevitabile.
Prima del voto, durante il dibattito, nessuno per la verità si è messo a difendere l’indifendibile Senaldi, ma molti spingevano per una risposta di carattere «culturale» senza scomodare il piano legale. Che invece verrà percorso con una segnalazione al presidente della Repubblica e all’Ordine dei giornalisti e un esposto alla procura di Roma per vilipendio.
«Cancro lo si può dire per la mafia, non per chi la reprime e combatte giorno dopo giorno – ha detto Santalucia -. Questo non significa che i magistrati non possano essere criticati, la critica non c’entra nulla, noi siamo disposti a essere criticati, ma una cosa è la critica una cosa è il dileggio, il dissenso e una cosa è il vilipendio».
A proposito di linguaggio, Santalucia ha sottolineato anche alcuni aspetti della vicenda Toti, chiusa venerdì con il patteggiamento dell’ex governatore. «Quest’estate c’è stato un forte inasprimento del linguaggio rispetto all’iniziativa giudiziaria – ha attaccato -. Abbiamo letto di un governatore sequestrato dalla magistratura, di toghe sovversive… Oggi possiamo dire che tutto quel linguaggio non aveva senso. Non c’è stato nessun attentato alla democrazia, nessuna azione eversiva ma un processo per corruzione e finanziamenti illeciti in cui le parti hanno ritenuto di concludere con un patteggiamento».
Qualche battuta anche sul caso della sospensione della consigliera del Csm Rosanna Natoli («Era di un’evidenza solare l’impossibilità a continuare a occupare quell’ufficio. Mi sarei aspettato le dimissioni, che sarebbero state la scelta più opportuna») e sulle curiose tesi espresse a destra sulla custodia cautelare dei cosiddetti colletti bianchi come causa principale del sovraffollamento carcerario: «Si sappia che gli anni passati sono stati segnati da una legislazione securitaria che ha aumentato la possibilità di andare in galera preventivamente. Il sovraffollamento resta un’emergenza alla quale il decreto carceri non ha dato rimedio, ma non vorrei passasse il messaggio che, se il carcere vive una situazione drammatica, sia colpa della magistratura liberticida che usa in maniera smodata la custodia cautelare».
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento