Sul finire di una giornata di tarda estate ci fermammo nell’unico albergo (parola forse esagerata) di una piccola località del Mar Nero. Provenendo da Ankara, la capitale turca, avevamo raggiunto il litorale a nord dopo aver percorso una rotabile che attraversava un deserto salato. Salato, sì: ci eravamo sciroppati sotto un sole spietato chilometri e chilometri di abbacinanti superfici lisce di cristalli di sale.

Stanchi e con gli occhi che cercavano sollievo nella penombra ci addormentammo all’istante con gli occhiali scuri rimasti inforcati sulla fronte; ma in piena notte stavamo già con la valigia in mano pronti a scappare mentre con le unghie dell’altra mano scorticavamo la pelle a forza di grattarci.

Per colpa delle pulci. Il letto ne era infestato. Riprendemmo la macchina e quando le delicate luci dell’alba schiarirono il mare, ad Akcakoca, ci lasciammo finalmente bagnare. Non si era trovato di meglio in quel posto, né docce né altro, se non l’acqua di mare. Che vedevamo come rimedio per lenire il tormento del prurito.

Le onde che si frangevano contro di noi, ora arricciate ora schiumose, aiutarono a levarci di dosso le tracce di quegli schifosi parassiti.

La sponda settentrionale del Mar Nero, opposta all’Asia minore dove ci trovavamo, apparteneva all’Ucraina, repubblica facente parte dell’allora Unione Sovietica: gli uomini forti a Mosca si chiamavano Leonid Breznev segretario generale del partito comunista e Nikolaj Podgornyj presidente del presidium del soviet supremo.

Entrambi i personaggi erano ucraini. I principali centri portuali del Mar Nero, frontiera d’acqua fra due continenti, stanno nella parte europea: Varna in Bulgaria, Costanza in Romania, poi Sebastopoli, e la città di Odessa che da due mesi riempie le cronache della guerra in corso.

I luoghi geografici s’intrecciano con le vicende storiche. E queste ci dicono che fra i vari teatri del Secondo conflitto mondiale le forze armate italiane, per non farsi mancare proprio niente nella guerra di aggressione condotta fino alla caduta del regime fascista, si erano fatte trovare con la marina militare finanche laggiù, nel Mar Nero.

Naviglio cosiddetto leggero, costituito da motosiluranti e sommergibili tascabili, era stato spedito in quelle acque per azioni di siluramento della flotta sovietica che disponeva di grosse navi ma lente e in parte obsolete.

Le unità italiane fra l’altro parteciparono all’assedio che portò all’occupazione tedesca nel ’42 della piazzaforte strategica di Sebastopoli, nella penisola di Crimea.

E anche Odessa cadde per l’incalzare delle forze dell’Asse; mentre oggi sono i «fratelli» russi a volerne la capitolazione. Presa più volte in guerre locali, prima del conflitto mondiale, Odessa ha saputo sempre rialzarsi affermando il suo carattere di città emancipata e cosmopolita.