Gli oppressi e gli oppressori, le armi o la pace
Lettera e risposta La lettera del collettivo "Sinistra per l'Ucraina" in merito al commento di Filippo Barbera
Lettera e risposta La lettera del collettivo "Sinistra per l'Ucraina" in merito al commento di Filippo Barbera
Carola Rackete è stata criticata per il suo voto a favore di una risoluzione che supporta l’Ucraina, compreso l’uso delle armi. Il professor Barbera, in un articolo del manifesto del 3 ottobre, l’ha accusata di non capire che il ruolo della sinistra è essere contro gli oppressori per sovvertire i rapporti di potere. Ma quale legame ci sia tra il rifiuto di aiutare un popolo invaso e la lotta al capitalismo non è chiaro.
La destra estrema, libera da obblighi morali, disprezza le sofferenze di un popolo sotto attacco. Carola, invece, ha votato in modo sofferto per sostenere un popolo che sta pagando con la vita l’arroganza di Putin, esprimendo empatia e solidarietà.
Se si riduce la politica al solo “essere contro”, dimenticando l’importanza di “essere con”, si rischia di riprodurre dinamiche pericolose, come quelle che portarono dallo spirito rivoluzionario dell’ottobre russo al terrore stalinista. L’essere contro e l’essere a favore sono inseparabili. Carola sostiene gli oppressi e condanna l’invasione russa.
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Dalla parte degli oppressi o contro gli oppressori?È Putin l’unico oppressore? Ovviamente no. Ma il fatto che ci siano altri oppressori non rende meno gravi i crimini dell’esercito russo. Il professor Barbera usa argomenti fuorvianti e un doppio standard. Se applichiamo la sua logica, dovremmo farlo anche per altri conflitti, come quello israelo-palestinese. Ma nonostante le critiche legittime alle rappresentanze palestinesi, nessuno mette in dubbio da che parte stare.
Carola Rackete è con il popolo ucraino come con quello palestinese. L’incoerenza è di chi oscilla tra pacifismo e elogio della violenza a seconda della situazione. Il movimento comunista ha sempre lottato per la pace, e anche la lotta di classe è stata una risposta alla violenza subita, non un elogio della violenza stessa.
Franco Barracchia,
Germano Monti,
seguono altre firme
del collettivo “Sinistra per l’Ucraina”
La risposta di Filippo Barbera
Ringrazio il collettivo “Sinistra per l’Ucraina” per l’attenzione riservata al mio articolo. La prima obiezione è che non è chiaro quale “legame ci sia tra il rifiuto di aiutare un popolo invaso e la lotta al capitalismo”. Direi che non è anzitutto chiara la ragione dell’obiezione, dal momento che il mio articolo non chiama mai in causa il “capitalismo” (termine che neppure compare), ma i meccanismi dell’oppressione legati a interessi e a logiche di potenza. Soprattutto, discute lo spazio negoziale dell’azione politica contro tali meccanismi. Critica quindi il voto di Carola Rackete, come ogni altra posizione analoga, in quanto riduce l’azione politica (contro l’oppressore) a quella umanitaria (per l’oppresso).
Non perché la seconda sia meno nobile, ma in quanto ogni contesto e ruolo ha le proprie logiche d’azione. La politica non è soccorso umanitario e viceversa. Il tema dell’articolo, per questo, non porta a sminuire l’importanza dell’essere con a favore dell’essere contro. Piuttosto, distingue la politica, con i suoi limiti e opportunità, dall’azione umanitaria. Stare dalla parte del popolo ucraino dal punto di vista morale è giusto ma non costituisce la base per l’azione politica contro i meccanismi che ne causano l’oppressione. Le due opzioni, essere contro ed essere per, convivono certamente ma nella specifica diversità. Vale per l’Ucraina come vale per il popolo palestinese: occorre stare dalla parte del popolo palestinese e nel contempo essere contro i meccanismi che lo opprimono. Con questa distinzione in mente non si sceglie la via delle armi e neppure quella del pacifismo immobile, ma si agisce con la forza della politica per aprire lo spazio del negoziato. Questo è scritto nel mio articolo. Questa è la specificità della politica. Cosa che a mio parere né Rackete né il collettivo “sinistra per l’Ucraina” hanno capito.
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