Le privatizzazioni dei sovranisti: Giorgetti pensa a quote Eni, Poste e Enel
Per un governo che si autoproclama sovranista e in buona parte statalista, la risposta con cui il ministro Giancarlo Giorgetti ha annunciato di nuove «privatizzazioni» «disinvestendo nelle partecipazioni dello stato» è un bel controsenso. Reso ancor più paradossale dal fatto che l’annuncio è arrivato mentre lo stesso Giorgetti faceva passare per «interventismo» lo stanziamento solo «fino al 20%» del Mef nella rete Tim, svenduta agli americani di Kkr.
La coerenza non è certo la caratteristica precipua del ministro dell’Economia: uno a cui tocca parlare di cancellazione della riforma delle pensioni Fornero dopo che ha deciso di tagliare le rivalutazioni a 4,3 milioni di persone con assegni da 1.200 euro netti (anche per l’anno prossimo) o che poche ore dopo aver disertato la conferenza stampa sulla tassazione degli extraprofitti deve partecipare ad una riunione della sua Lega per far vedere di essere d’accordo.
Detto questo, Giorgetti sta diventando un vero equilibrista e allora per trovare le risorse necessarie almeno a rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale (10 miliardi) ha trovato una nuova strada: svendere le poche partecipazioni ancora detenute dal Mef.
I rarissimi gioielli di famiglia rimasti sono: Enel (23,59%), Eni (4,34%, oltre al 25,76% attraverso Cdp), Leonardo (30,20%), Poste italiane (29,26% oltre al 35% attraverso Cassa depositi e prestiti) e St Microelectronics.
Da via XX settembre non si esclude niente: «Non possiamo entrare in qualsiasi dettaglio al momento».
Ma le alternative non sono molte e così pure i possibili proventi. Le ultime privatizzazioni sono state effettuate da quel convinto liberista di Matteo Renzi (e Padoan): nel 2015 quando il Tesoro cedette al mercato il 34,7% di Poste Italiane, incassando più di 3 miliardi di euro; nel 2016 toccò all’Enav (società che gestisce il controllo del traffico aereo) con un’offerta pubblica (Ipo) che fece incassare al Mef 834 milioni.
Anche con il governo Gentiloni – e sempre Padoan all’Economia – si tornò a parlare di privatizzazione: il Tesoro puntava a dare una spinta al dossier per raggiungere a fine anno lo 0,2% del Pil e sul tavolo c’era la cessione a Cassa depositi e prestiti dell’intera quota in Enav e di una parte della partecipazione del 4,3% detenuta in Eni.
Qualcuno sussurra che ora potrebbe toccare a Ferrovie dello Stato, che Renzi non riuscì a privatizzare, ma le più probabili e appetibili dal mercato sono certamente Eni, Enel e una seconda tranche di Poste Italiane. Molto difficile però arrivare a quota 10 miliardi.
Discorso a parte vale per Montepaschi. La banca disastrata dagli scandali è stata nazionalizzata con il benestare della commissione Europea nel 2017. La ri-privatizzazione è richiesta entro l’anno prossimo da Bruxelles, ma i proventi andrebbero a coprire solo in parte i 5,4 miliardi già stanziati.
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