L’obiettivo è ambizioso. «Dare un quadro stabile e definitivo» alla vicenda della rete di Tim, «aperta da decenni». Le parole di Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti in realtà però ratificano solamente l’ennesima privatizzazione della madre di tutte le privatizzazioni: quella Telecom con cui si è aperta la strada alla concorrenza in un settore vitale di un paese avanzato che ha portato solo a una corsa al ribasso fra società sempre più piccole e condizioni di lavoro sempre peggiori per decine di migliaia di persone.

Il paradosso è che l’operazione con cui il governo Meloni dà il via libera ufficiale alla vendita della rete su cui viaggiano i dati al fondo americano Kkr viene spacciata invece per «interventismo statale» rilanciando anche l’ingresso nel capitale di Cassa depositi e prestiti – «È possibile tenendo conto dei vincoli dell’Antitrust», precisa Giorgetti – che fino a oggi sembrava però saltata. Il Dpcm che autorizza il ministero dell’Economia a entrare nella Netco con una quota di minoranza del 20% – la partecipazione sarà per un importo massimo di 2 miliardi e 200 milioni», ha precisato il ministro Giancarlo Giorgetti – diventa una mossa «finalizzata ad assicurare l’esercizio dei poteri speciali e quindi la capacità di incidere in termini di strategia e di sicurezza su quella che consideriamo un’infrastruttura, cioè la rete di telecomunicazioni che fa riferimento in particolare all’implementazione della fibra, come decisiva anche per il futuro paese». Peccato che Giorgetti abbia già sottoscritto un Memorandum of understanding – firmato lo scorso 10 agosto con gli americani già azionisti di Tim che stanno trattando in esclusiva per l’acquisto della società della rete – dice l’esatto contrario: il governo non potrà interferire nelle scelte di Kkr che, come tutti i fondi speculativi, punta solo a massimizzare i profitti per poi rivendere la rete fra un lustro.

In Borsa il titolo Tim è sempre a livello bassi sebbene ieri la previsione scontata dell’ufficializzazione della mossa aveva garantito un +3,7%. Tutti gli investitori poi sanno che l’operazione non sarà uno sprint ma una maratona, come sottolineano gli analisti di Equita, prevedendo che le prossime settimane «saranno cruciali».

Kkr ha infatti ancora un mese di tempo per presentare l’offerta vincolante che dovrà arrivare entro il 30 settembre ma entro fine mese il fondo dovrebbe, secondo le attese, riuscire a trovare un accordo con le banche per il finanziamento dell’operazione.

Tra gli ostacoli che ancora si possono frapporre c’è sempre l’incognita francese di Vivendi, il socio di maggioranza (con il 24%) che resta comunque insoddisfatto del piano industriale di Tim, sollevando forti dubbi sulla sostenibilità della ServiceCo una volta scorporata la rete e che chiede «un dialogo serio» con il governo italiano per arrivare a una soluzione che tuteli i suoi interessi.
La conferma finale del piano di privatizzazioni arriva da un’altra risposta di Giorgetti in conferenza stampa in cui il ministro leghista annuncia una «riallocazione» delle pochissime partecipazioni statali attuali. «Per quanto riguarda le privatizzazioni sì, certamente ci sono delle situazioni che potrebbero originare una riallocazione delle partecipazioni delle Stato». Così come il Mef ha deciso di intervenire per Tim, precisa Giorgetti, «può darsi che ci siano altre realtà dove sia opportuno, in qualche modo, disinvestire». Ecco. «Disinvestire» è la parola d’ordine di Giorgetti.