Era già intervenuta alla vigilia del voto, firmando insieme ad altri trecento tra studiosi e scrittori, tra cui Pierre Lemaitre, Thomas Piketty e Julia Cagé un appello perché la sinistra si unisse per sbarrare la strada al Rassemblement National. Ora, all’indomani del primo turno delle elezioni più drammatiche della storia del Paese, il Nobel per la letteratura 2022, sceglie di affidare ad un’intervista concessa a Libération le sue parole, altrettanto allarmate ma anche volutamente concrete: «La storia – sottolinea Annie Ernaux – giudicherà duramente Emmanuel Macron – per aver deciso di sciogliere il Parlamento e indire queste elezioni, ma giudicherà anche noi se lasceremo la Francia nelle mani di un partito razzista».

MENTRE LA MAPPA dell’Esagono appare sfigurata da una macchia nera, che come inchiostro rovesciato lambisce aree e centri che si pensavano immuni alle retoriche dell’odio, il mondo della cultura mette ancora più energia nel denunciare i rischi che la Francia corre di fronte alla possibilità di un governo guidato dall’estrema destra.

A questa minaccia fa esplicito riferimento un appello sottoscritto da oltre duecento filosofi di diversa provenienza e sensibilità – tra loro, Jean-Claude Monod, Barbara Cassin, Camille Froidevaux-Metterie, Claire Marin e molti altri – che invitano i loro concittadini a comporre nelle urne del 7 luglio, quando avrà luogo il secondo turno, quel «necessario fronte repubblicano» che impedisca l’accesso al potere del Rassemblement National.

Non è certo una mozione dei sentimenti quella a cui si intende fare ricorso. Ai francesi di oggi, si ricordano infatti le pagine più buie del passato nazionale, perché non un monito morale, forse ora meno influente che in passato, ma la consapevolezza degli orrori accaduti, smuova coscienze che appaiono almeno in parte intorpidite.

Varrà così la pena tornare con la memoria a come «l’estrema destra pseudo-nazionale e xenofoba» non abbia diretto il Paese che all’indomani del 1940, dopo la sconfitta militare e l’Occupazione nazista. E di come il governo di Vichy abbia condotto una politica razzista, antisemita, omofoba e antifemminista che ha contribuito all’incarcerazione, la deportazione e la morte di centinaia di migliaia di cittadini francesi e stranieri.

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DA QUI, AL PRESENTE drammatico che incombe, nelle forme nuove che ogni minaccia acquisisce con il mutare delle condizioni storiche, sull’odierna République. «Il partito di Jean-Marie Le Pen – scrivono infatti i filosofi – è l’erede diretto di questo movimento politico. Certamente Marine Le Pen e Jordan Bardella si sforzano di cancellare questo legame originario e hanno rinunciato a evidenziare l’antisemitismo dei fondatori in favore di una retorica xenofoba che prende di mira preferibilmente i musulmani di Francia e, in generale, gli immigrati, la doppia nazionalità, gli stranieri. Ma questo abbandono ufficiale dell’antisemitismo non impedisce il mantenimento di un discorso antisemita tra un certo numero di candidati e membri di Rn».

Alle vicende decisive del Paese guarda anche il testo firmato da un migliaio di storici, tra loro, Patrick Boucheron, Antoine Lilti, Pierre Nora, Mona Ozouf e Michelle Perrot, che spiega come in questo momento non ci si possa rassegnare alla sconfitta «dei valori su cui, dal 1789, si fonda il patto politico francese», vale a dire i valori stessi della Repubblica.

In precedenza un allarme dello stesso segno era arrivato dal mondo dell’istruzione: presidenti di importanti istituzioni universitarie o di grandi scuole, ricercatori e rappresentanti degli studenti si erano fatti sentire già alla vigilia del 1 luglio.

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IN PARTICOLARE, in un lungo intervento pubblicato sull’Humanité il 25 giugno, un migliaio tra docenti, ricercatori e studenti invitavano «l’insieme della comunità universitaria e della ricerca a prendere posizione e a votare per il programma del Nouveau Front Populaire», visto che, se applicate, le idee dell’estrema destra porterebbero alla «fine della libertà accademica». E a «fare argine al Rn» faceva riferimento un testo redatto dai responsabili dell’Associazione delle città universitarie di Francia, mentre da Strasburgo i partecipanti al Congrès de l’université, ribadivano la necessità di opporsi ad un partito «portatore di un’ideologia che attenta alla libertà di pensiero». gu.ca.