I lavori in corso per le Olimpiadi Invernali Milano-Cortina 2026 presentano i sintomi classici della grande malattia che, almeno in Italia, affligge tutti i grandi eventi, la pretestuosità. La domanda “Si fanno le opere per fare le Olimpiadi o si fanno e Olimpiadi per fare le opere?” è stato il filo conduttore dell’intervento tenuto al Convegno di Milano da Duccio Facchini, direttore della rivista Altreconomia (www.altreconomia.it) che tiene sotto stretta osservazione le tappe della faccenda olimpica, rilevando fatti concreti di estrema importanza per comprendere che tipo di evento si stia configurando.

Quali sono gli elementi che, contrariamente a quanto annunciato, non rendono affatto Milano-Cortina 2026 “ le Olimpiadi più sostenibili di sempre”?

Stando a quanto riportato nel dossier di candidatura presentato al Comitato Olimpico Internazionale nel gennaio del 2019, il Piano di Realizzazione dei Giochi Invernali sarebbe stato concepito per “ ridurre al minimo gli impatti ambientali grazie all’ampio utilizzo di infrastrutture già esistenti”; questa la promessa del Comitato organizzatore che fra l’altro aveva assicurato un impegno economico e finanziario assolutamente leggero; in realtà a distanza ormai di quasi 4 anni dalla presentazione del dossier e a più di 3 dall’assegnazione alla compagine Milano-Cortina 2026 i fatti dicono una cosa diversa: non è vero che i Giochi insisteranno, come ancora afferma il CONI, per il 96% su opere esistenti; lo dimostrano i 4 allegati al Piano Nazionale degli interventi previsti, approvato, in clamoroso ritardo, il 26 settembre di quest’anno dalla presidenza del Consiglio: vi troviamo tantissime opere ex-novo, sia finalizzate alla realizzazione delle competizioni sia, e soprattutto, necessarie al potenziamento della mobilità, ovvero strade; in termini di impegno finanziario, stando alla versione definitiva del Piano, le opere che faranno riferimento solo alla SIMICO S.p.A. (la società partecipata che fa da centrale di committenza e stazione appaltante dei Giochi) supera i 2 miliardi e 680 milioni di euro, di cui la stragrande maggioranza, il 96, 48 % , è in carico al pubblico: tra Stato ed enti locali. Sono dati sufficienti a dimostrare come le promesse non siano state mantenute.

Il ritardo nelle procedure è un altro “classico” dei grandi eventi che si sta verificando anche in questa occasione. A cosa è dovuto?

Il simbolo di questo ritardo è l’approvazione del Piano degli interventi previsti, è avvenuta come detto il 26 settembre 2022 tramite DPCM da parte della Presidenza del Consiglio quasi un anno dopo rispetto al termine di legge, previsto per il 31 ottobre del 2021. Questo ritardo emblematico va però letto anche e soprattutto come funzionale alla strategia commissariale, quella che ai fini di velocizzare i tempi sottrae le opere al normale iter di valutazione, le varie VAS, VIA e VINCA, gli strumenti di tutela dell’ambiente e di chi ci vive; faccio notare che la società che doveva presentare alla Presidenza del Consiglio la bozza di Piano è stata costituita formalmente solo il 22 novembre del 2021, cioè dopo il termine fissato dal legislatore per la presentazione del Piano!

Al netto dei ritardi, alcuni meccanismi invece sono stati rapidi.

C’è il caso di Regione Lombardia: un anno dopo l’assegnazione dei Giochi ha approvato nell’ambito del Piano Regionale un finanziamento di oltre 574 milioni per ulteriori sistemi di mobilità e infrastrutture collegate al dossier olimpico: il che equivale a dire che ha colto la palla al balzo per tirare fuori, testuali parole dei vertici della Direzione Infrastrutture della Regione, opere nella maggior parte stradali “rimaste nel cassetto”; un altro meccanismo che è scattato velocemente è quello della scelta commissariale: non appena hanno avuto lo strumento pronto, la SIMICO SpA, il 23 febbraio 2022, tre mesi dopo la costituzione della società e mentre non c’era ancora traccia del Piano delle opere, il Governo Draghi ha deciso il commissariamento per otto infrastrutture, dandole in mano all’Ad di Simico, Luigi Valerio Sant’Andrea.

Il Piano degli interventi approvato distingue fra opere “essenziali-indifferibili” ed “opere essenziali”: qual è la differenza?

Questo è uno degli aspetti più paradossali: le prime sono le opere definite indispensabili per lo svolgimento dei Giochi, che devono essere concluse entro dicembre 2025. Le seconde si legge che potranno essere consegnate anche solo per “stralci funzionali” , ovvero per pezzi: una formula sibillina che cela il fatto che queste opere non verranno terminate entro la fine delle Olimpiadi, ma dopo, come scritto chiaramente dalla SIMICO in un atto del maggio 2022 diretto agli enti locali che abbiamo visionato tramite un accesso civico. Il “pretesto olimpico” sta nel fatto che l’85% delle risorse stanziate è destinato proprio alle “essenziali”, cioè quelle che potranno essere ultimate dopo la fine dei Giochi. Non solo: queste opere “a pezzi” costituiscono più del 90% degli interventi contenuti nell’allegato D del piano, quello cioè che seleziona gli interventi sottoposti una procedura accelerata e in deroga ai sensi dei meccanismi del PNRR.