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Le incognite del voto toscano

Le incognite del voto toscanoIl grande favorito Enrico Rossi – La Presse

Elezioni regionali Grazie alla contestata legge elettorale che assegna la maggioranza dei consiglieri (da 23 a 26 su 40 complessivi) alla lista/coalizione che supera il 40%, il Pd si avvia a vincere. Ma le politiche del governo Renzi su scuola e lavoro, e le scelte di Rossi sulle grandi opere, scuotono l'elettorato dem e la Cgil. E a sinistra ha buon gioco Tommaso Fattori.

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 17 maggio 2015

Al Largo del Nazareno sulla Toscana sono tranquilli. Anche grazie alla contestata legge elettorale che assegna un’ampia maggioranza di consiglieri regionali (da 23 a 26 su 40 complessivi) alla lista/coalizione che supera il 40%, i vertici locali del Pd si preparano a vincere. La loro unica incognita è quella legata alle reintrodotte preferenze, che in alcuni casi potrebbero premiare alcuni candidati dem non ancora convertiti del tutto al verbo renziano. O addirittura, grazie al voto disgiunto presidente/lista, autentici avversari. Soprattutto in quelle zone – l’area livornese e in generale la fascia costiera settentrionale– dove più forte batte la crisi. O dove, come nella Piana fiorentina e pratese, le scelte politiche del tandem Renzi-Rossi, dal nuovo aeroporto intercontinentale di Peretola al maxi inceneritore di Case Passerini, non cessano di alimentare una opposizione popolare tenace. Sempre più radicata, e per nulla intenzionata a smobilitare all’indomani del voto.
L’ennesima riprova della conclamata frattura fra il Pd e uno suo storico bacino elettorale è arrivata nei giorni scorsi, quando il movimento delle “mamme no inceneritore” della Piana ha organizzato a Firenze una affollata assemblea informativa con i candidati. Disertata da Enrico Rossi e dai sindaci Pd della zona, la serata ha premiato la sinistra toscana del Sì, grazie alla riconfermata competenza di un candidato adeguato come Tommaso Fattori. In misura minore anche il M5S, che però è stato investito da espulsioni e divisioni interne, oltre che dalla mancanza di un effettivo radicamento sociale.
Radicata in Toscana è invece la Cgil, che con il suo mezzo milione di iscritti potrebbe rappresentare un fattore di forte rischio per le speranze del Pd di chiudere la partita senza discussioni. Non sono soltanto le categorie più critiche verso le politiche governative – dalla Fiom alla Funzione pubblica, fino alla Flc di scuola e università – a dare segnali di aperta contrarietà alla politiche del governo. C’è anche un lavorìo nemmeno troppo sotterraneo della sinistra sindacale, che trova conferma nella mobilitazione dei delegati di base in moltissimi luoghi di lavoro.
La situazione economica del resto è tutto fuori che rosea. Anche in Toscana la crisi ha colpito durissimo. E per una vertenza in via di lenta risoluzione come alle Acciaierie di Piombino, ce ne sono due o tre che si aprono. Ultime di una lunghissima lista quella della Smith di Saline di Volterra (scalpelli tri-conici per la perforazione legata agli idrocarburi), con la multinazionale Schlumberger che chiude lo storico sito industriale e licenzia 200 addetti diretti (più l’indotto). Poi il call center People Care di Guasticce alle porte di Livorno, che chiude a fine mese, e con almeno 300 addetti appesi a un filo.
Il tema del lavoro che non c’è, o è precario e malpagato, tiene banco. Del resto una recentissima ricerca del confindustriale Sole 24Ore segnala come il lavoro, la disoccupazione e il precariato siano l’unica vera preoccupazione degli italiani con quasi il 63%. Segue l’immigrazione, con un miserevole 6%. Ebbene, l’ultima analisi congiunturale di Cgil e Ires per la Toscana rileva una piccola crescita del lavoro stabile, grazie agli incentivi. Ma a marzo c’è stato un calo degli avviamenti sul 2014, nonostante il jobs act. Inoltre crescono i licenziamenti, e la produzione industriale batte ancora in testa (nel complesso 25 punti sotto il 2007). Soprattutto aumentano gli iscritti ai centri per l’impiego di persone in cerca di lavoro. In questi primi mesi del 2015 sono ben 595.048 (563.201 nello stesso periodo del 2014), in una regione dove i maggiorenni (e votanti) sono 3 milioni scarsi. A riprova, il tasso di attività, dato più significativo di quello di disoccupazione, è stabile intorno al 63,4% dei toscani in età da lavoro. Sono meno di due su tre.
Sette sono i candidati presidenti (Enrico Rossi per Pd e i centristi di Popolo toscano, Tommaso Fattori per Sì Toscana a Sinistra, Claudio Borghi di Lega e FdI, Giacomo Giannarelli del M5S, Gianni Lamioni per Ncd e Udc di Passione toscana, Stefano Mugnai di Forza Italia, e Gabriele Chiurli di Democrazia diretta). Fin d’ora appare certo che l’affluenza sarà bassa. Anche perché per il Pd renziano, almeno in Toscana, appare difficile ereditare il consenso dei berlusconiani, e di quella minoranza silenziosa che si mobilita solo nei casi di estrema polarizzazione. All’inverso, nota ad esempio Tommaso Fattori, “il governo Renzi è riuscito in un miracolo. È riuscito a riunire tutti i sindacati degli insegnanti, tutte le associazioni degli studenti, il personale tecnico-amministrativo, i genitori. Uniti nel contestare la controriforma di Renzi e Giannini”. E quello della scuola non è certo un tema isolato.

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