Europa

Le «cloache di stato» di Rajoy tra spionaggio e mafia

Le «cloache di stato» di Rajoy tra spionaggio e mafiaIl leader di Podemos, Pablo Iglesias, parte lesa nell’inchiesta – Afp

SPAGNA Anche il leader di Podemos, Pablo Iglesias, nel 2016 era finito nel mirino. Svelata una rete inquietante con l’ex commissario di polizia José Villarejo al centro

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 29 marzo 2019

Le «cloache di stato» avevano come obiettivo anche Pablo Iglesias. A un mese esatto dalle elezioni politiche spagnole, tornano le brutte storie di spionaggio di stato durante l’epoca di Rajoy, anche se con meno protagonismo rispetto al processo all’indipendentismo catalano, nonostante la maggiore gravità dei fatti.

SI PARLA INFATTI di una vera rete mafiosa istituzionale, messa in piedi durante il primo governo di Mariano Rajoy quando il ministro degli Interni era Jorge Fernández Díaz. Una specie di polizia segreta per spiare gli avversari, ricattarli e metterli in difficoltà con falsi dossier e macchine del fango. In questa rete cadevano non solo i partiti indipendentisti catalani, ma anche Podemos e persino l’ex tesoriere dello stesso Pp, Luís Bárcenas o l’ex presidente madrileño del Pp González, nemico giurato dell’allora presidente Esperanza Aguirre.

Al centro di questa inquietante rete criminale, l’ex commissario di polizia José Villarejo, arrestato nel 2017 nell’ambito delle indagini per il cosiddetto «caso Tandem». L’uomo aveva spiato per 25 anni politici, impresari, e giornalisti.

GLI INQUIRENTI hanno aperto ben 10 casi separati per possibili delitti criminali. L’ultimo in ordine di tempo, finito sui giornali in questi giorni, riguarda Pablo Iglesias: nel 2016 avvenne un furto molto sospetto di un telefono di una collaboratrice del leader di Podemos, il contenuto del quale (in parte politico e in parte personale) venne almeno parzialmente dato in pasto tempo dopo ad alcuni mezzi di comunicazione. Proprio mentre Pedro Sánchez tentava inutilmente di ottenere la fiducia del parlamento spagnolo, poco prima di essere defenestrato dalla segreteria socialista: un chiaro tentativo di screditare il nuovo partito, mentre Sánchez riceveva pressioni per non giungere ad accordi.

Mercoledì Iglesias è stato convocato dal magistrato come parte lesa, e ieri Villarejo ha ammesso in un interrogatorio che era venuto a conoscenza del contenuto del telefono (trovato in un pendrive durante una perquisizione).

MA NON BASTA: Villarejo e la polizia segreta sono al centro di mille casi inquietanti (tutti in fase di investigazione): rivelazioni di (falsi) conti in banca segreti dell’ex sindaco di Barcellona (Xavier Trias, del partito di Convergència, oggi Pdcat), le indagini sui conti segreti dell’ex presidente catalano e della sua famiglia, il potentissimo e iconico Jordi Pujol (le uniche rivelazioni che si sono dimostrate veritiere), il falso dossier sul finanziamento “segreto” di Podemos, ma persino il furto in casa dell’ex tesoriere del Pp Bárcenas, con sequestro di moglie e figlio da parte di un finto ladro, per trovare a casa del potentissimo ex tesoriere (che è ancora investigato e che ha già passato vari mesi in carcere) materiale compromettente che Bárcenas avrebbe potuto usare contro il suo partito se lo avesse lasciato al suo destino.

LE RAMIFICAZIONI di questa inquietante rete di spionaggio non sono ancora del tutto chiare. Villarejo durante i suoi lunghi anni di (disonorata) carriera ha accumulanto materiale compromettente, e migliaia di registrazioni di politici e persino dell’ex monarca Juan Carlos, della sua amante Corinna, dei loro affari poco trasparenti (sui quali l’establishment politico getta un pietoso velo).

Anche banche come la BBVA e i suoi vertici sono stati travolti dallo scandalo (pochi giorni fa si è dimesso il presidente d’onore che pare avesse chiesto lo spionaggio, fra gli altri, di ministri dell’allora governo di Zapatero, fra cui Miguel Sebastián o la vicepresidente María Teresa Fernández de la Vega.

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