Tutto come previsto. Anzi, peggio. Nel Lazio la destra di Giorgia Meloni vince a mani basse: il candidato Francesco Rocca, pur partendo da semi-sconosciuto, supera il 50%, mentre l’ex assessore alla Sanità del Pd Alessio D’Amato si ferma al 34%. Staccata Donatella Bianchi del M5S all’11%.
UNA DEBACLE totale per il campo progressista: neppure sommati i voti dei candidati di Pd e 5S arrivano a quelli della destra. Trionfa Meloni nella sua regione: Fdi è al 33%, molto sotto i due alleati Lega e Forza Italia attorno tra il 7 e l’8%. Nel campo opposto il Pd arriva al 21%, Verdi e sinistra al 2,5%, Azione e Italia Viva si fermano sotto il 5%. Delusione per il M5S che sfiora il 9%, con la lista di sinistra alleata attorno all’1%. Bassissima l’affluenza, il record negativo nella storia del Lazio: 37% di media, che crolla al 33% nel comune di Roma. Una astensione che penalizza sopratutto il centrosinistra. E che suona come un segnale di forte delusione per la mancata alleanza Pd-5S, ma anche per l’operato del sindaco dem Gualtieri.

«Il nostro consenso non è stato sufficiente alla vittoria, ma è comunque superiore al dato di Zingaretti alle ultime regionali, che era il 32,9%», dice a caldo D’Amato. «L’altra volta è stato sufficiente, questa volta no, ha prevalso l’onda lunga delle politiche». L’ex assessore non riesce a nascondere la delusione per un risultato decisamente inferiore alle aspettative, circa 15 punti di distacco dal rivale. E attacca: «I cinque stelle sono i veri sconfitti, credo che Conte dovrà riflettere sulle scelte che ha compiuto. L’inceneritore è stato solo un pretesto, Conte pensava di guadagnare qualche punto sul Pd, ma ha fallito: sono andati peggio delle scorse regionali e anche delle politiche».

Il candidato sconfitto del Pd ha chiamato il vincente Rocca subito dopo le prime proiezioni. «Ho combattuto come un leone, e ci tengo a dire che non mi sono sentito solo», spiega ai cronisti riuniti nel suo quartier generale al Portonaccio. Il riferimento è alla manifestazione di chiusura del 3 febbraio a Roma dove non si sono visti big nazionali, tranne il governatore uscente Zingaretti e il sindaco Gualtieri. «Guiderò l’opposizione con al centro i temi della sanità e l’autonomia differenziata contro cui ci opporremo».

La redazione consiglia:
Fuga dalle urne (e dalla sinistra): il confronto post elezioni regionali

Anche lui, come il candidato sconfitto della Lombardia Majorino, non nasconde le difficoltà legate al congresso del Pd: «Tutti questi mesi senza un leader non hanno aiutato sicuramente. Ho voluto una campagna elettorale legata al territorio e senza i leader nazionali, e mi sembra che i risultati abbiano pagato, perché siamo sopra ai dati della Lombardia».
A DESTRA IL SUCCESSO va oltre le aspettative della vigilia. Il nuovo presidente Rocca usa toni misurati, parla di astensione «inquietante» e della necessità di «fare un lavoro di ricucitura con i territori». E della «responsabilità» che sente per il compito difficile che gli è stato assegnato. Svicola sulle domande relative ai rapporti di forza nel centrodestra e alle parole di Berlusconi sulla guerra in Ucraina. E assicura di voler «modernizzare i pronto soccorso della regione, con una piano di digitalizzazione: purtroppo finora per trovare i posti letto si sono utilizzati i fax».

Non manca un attacco al centrosinsitra che «in dieci anni di governo regionale ha allontanato i cittadini, ha fatto crollare fiducia e partecipazione». «Il nostro compito sarà risollevare una sanità troppo distante che mortifica i cittadini». Rocca assicura che la giunta arriverà «entro 20 giorni». «Non mi farò imporre alcun nome, ho delle idee, ma dovrò parlare con tutta la coalizione».

Il rischio è che sulla squadra si scarichino le tensioni interne alla coalizione e in FdI esplose in campagna elettorale con il commissariamento della federazione romana da parte di Meloni ai danni del gruppo legato a Fabio Rampelli, in prima fila all’Eur per festeggiare il successo di Rocca con un abbraccio. Per i primi mesi, la delega alla Sanità potrebbe restare a Rocca, che è stato presidente della croce rossa.
PESANTE LA DELUSIONE in casa M5S. La candidata Donatella Bianchi ammette il risultato «insoddisfacente, lontano dalle ambizioni e aspettative». «La nostra proposta progressista aveva bisogno di più tempo per essere comunicata, purtroppo siamo partiti in ritardo». La rottura col Pd? «Non ci sentiamo responsabili: una sommatoria algebrica senza condivisione di programmi non premia e non ha senso, comunque i numeri dicono che non avrebbe portato a un risultato utile». Deluso anche il gruppo di Stefano Fassina che aveva sostenuto i 5S: «Ma il nostro progetto politico va avanti»