Fa discutere la cessione al Vaticano dell’ospedale pubblico romano «Carlo Forlanini» da parte della Regione Lazio, con l’assenso e forse qualcosa in più del governo Meloni. Dopo mesi di annunci, l’8 febbraio governo e Santa Sede hanno firmato una dichiarazione di intenti affinché la struttura venga assegnata all’ospedale pediatrico «Bambino Gesù» di proprietà vaticana. «Il Governo della Repubblica Italiana e la Santa Sede – si legge in una nota congiunta – dichiarano di aver individuato nell’area dell’ex Ospedale Carlo Forlanini di Roma “uno dei luoghi più idonei per la realizzazione della nuova sede” del Bambino Gesù».

La dichiarazione di intenti non è ancora un contratto firmato ma delinea il complesso iter che verrà seguito. Vaticano acquisirà l’area dalla Regione, ma il «diritto di superficie» passerà all’Inail che ristrutturerà l’ospedale a sue spese. A lavori ultimati la struttura verrà affittata al Bambino Gesù che godrà delle immunità extra-territoriali garantite dai Patti Lateranensi. Sull’importo delle varie transazioni non circolano cifre ufficiali. Il valore della proprietà è stimato in 70 milioni di euro dal demanio (ma fino a pochi anni fa si parlava di 278 milioni). La ristrutturazione a carico delle casse pubbliche costerà 450 milioni secondo lo stesso presidente del «Bambino Gesù» Tiziano Onesti.

Alla fine il Vaticano disporrà di una struttura rinnovata su cui dovrà pagare l’affitto, ma con ricavi aumentati dai nuovi posti letto e senza tasse grazie all’extra-territorialità. Alla Regione quell’area sembra non interessare. «I nuovi ospedali si progettano come un blocco unico, il Forlanini era organizzato a padiglioni» fa sapere al manifesto un portavoce del presidente del Lazio Francesco Rocca per sminuire il valore della cessione. Evidentemente in Vaticano si accontentano oppure fanno calcoli diversi. «Comunque, non chiedete a noi perché è stato chiuso» chiosano dalla Regione.

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Cambierà così definitivamente la destinazione del «Forlanini», che dagli anni ‘30 rappresenta la struttura romana per eccellenza nel campo delle malattie respiratorie. Insieme agli adiacenti «Lazzaro Spallanzani» e al «San Camillo» forma un unico complesso ospedaliero nel quartiere di Monteverde. Tramontata l’emergenza della tubercolosi, il Forlanini aveva progressivamente perso rilevanza, rimanendo però un’eccellenza nel campo delle patologie toraciche. Nel 2008 la sua chiusura era stata scongiurata da cinquantamila firme raccolte tra medici e pazienti, che avevano ottenuto dal Tar anche il divieto di vendita dell’area (di qui la complessità dell’iter del trasferimento). Negli anni successivi addetti ai lavori e cittadini avevano presentato diversi progetti di recupero della struttura.

Ma la Regione guidata dal centro-sinistra ha preferito chiuderla nel 2015 e lasciarla inutilizzata, annunciando sempre più fumose destinazioni d’uso e in realtà usandola solo per operazioni-spot come il centro vaccinale Covid. Il chirurgo Massimo Martelli, a lungo primario e poi commissario dell’ospedale, nel 2010 aveva proposto alla presidente regionale Renata Polverini di creare una Rsa pubblica nel Forlanini. «Una cittadella con servizi per gli ospiti, un centro congressi e una stazione dei Carabinieri» ricorda Martelli, oggi in prima fila contro la cessione. «Gli unici a entrare al Forlanini sono stati i Carabinieri».

Il progetto di Martelli prevedeva anche la creazione di un poliambulatorio pubblico nel Forlanini. Cioè, di una «casa di comunità» proprio come quella che la Regione si appresta a realizzare a pochi passi dall’ospedale secondo il Pnrr. Invece di utilizzare il Forlanini che aveva a disposizione, la Regione ha preferito collocare la casa di comunità nei locali di via Ramazzini che la Asl affitta per 214 mila euro l’anno dalla Croce Rossa, la stessa organizzazione di cui Rocca è stato presidente per oltre un decennio.

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Ma sarebbe ingiusto attribuire a Rocca tutta la responsabilità dell’ennesima privatizzazione. A favore di questa soluzione avrebbe pesato anche la spinta del governo Meloni e in particolare del cattolicissimo sottosegretario Alfredo Mantovano. Inoltre, il trasferimento del Bambino Gesù nell’area del vecchio ospedale non dispiace nemmeno all’opposizione. Il sindaco Pd Roberto Gualtieri parla di «grande opportunità per rafforzare un polo di eccellenza sanitaria apprezzato in tutto il mondo». Il trasloco era anche nel programma dell’altro candidato alla presidenza del Lazio, l’ex-assessore alla sanità Alessio D’Amato, che ha anche scelto le sedi delle case di comunità. Sotto la sua gestione la sanità privata accreditata ha superato quella pubblica per numero di posti letto, unica regione in Italia.

Neanche il Bambino Gesù aveva bisogno di regali. È un’impresa da trentamila ricoveri l’anno (il 31% da fuori Regione). I 413 milioni di euro di ricavi del 2022 sono quasi tutti fondi pubblici. 294 sono i rimborsi per le prestazioni sanitarie accreditate. A questi si aggiungono 16,25 milioni finalizzati ai trapianti pediatrici, cui si somma un contributo pubblico fisso di 49 milioni. Altri 8 milioni arrivano dal 5×1000 e dalle donazioni. L’utile è di 16 milioni, quindi senza l’erogazione governativa l’ospedale sarebbe in passivo. Però fa collezione di sedi: oltre a quella storica sul Gianicolo, dispone di un complesso nella vicina area di S. Paolo e di tre strutture sul litorale romano. Di fronte all’ennesimo regalo alla sanità privata la reazione dei comitati che in questi anni hanno dato vita a innumerevoli manifestazioni e ricorsi non si è fatta attendere.

Mercoledì la Cgil ha presidiato l’ingresso del Forlanini. «Nei prossimi giorni porteremo la protesta sotto la giunta regionale» annuncia Antonella Saliva, del comitato «La Fenice» che insieme a Italia Nostra, CittadinanzAttiva, sindacati e altri gruppi di quartiere anima la rete sociale del territorio. Rocca è avvertito.