C’è una possibilità di cui si vocifera da qualche giorno a proposito del voto regionale nel Lazio. Parte dalla constatazione che se le elezioni del 12 e 13 febbraio prossimi ricalcano pericolosamente lo schema delle scorse politiche (si vota col sistema maggioritario ma soltanto le forze di destra sono state in grado di unirsi), c’è una possibilità che il sistema elettorale nazionale non contemplava: quella del voto disgiunto.

Il primo a verbalizzare apertamente la questione è stato il presidente di Regione uscente Nicola Zingaretti, che negli ultimi anni era retto proprio da una maggioranza ampia che andava dal Terzo Polo al Movimento 5 Stelle. «Votate le liste che volete – ha detto Zingaretti domenica scorsa – Ma poi votate il presidente che può fermare il ritorno della destra». In effetti i sondaggi indicano che la destra di Francesco Rocca è in testa, ma che le intenzioni di voto per il centrosinistra di Alessio D’Amato e quelle per il «fronte progressista» del M5S e della lista che fa capo al Coordinamento 2050 e che sostiene Donatella Bianchi bastano abbondantemente a conquistare la maggioranza. Dunque, se una porzione consistente di quelli che vogliono votare per i 5 Stelle o per la sinistra ambientalista decidesse poi di indicare D’Amato (che al movimento risulta alle spalle di Rocca) i giochi potrebbero riaprirsi. Si tratta di poco più di una suggestione, di una tentazione inconfessabile che circolerebbe presso alcuni grillini affezionati al modello Zingaretti del «campo larghissimo». Una tattica che ovviamente Bianchi ha decisamente smentito (e ci mancherebbe). Eppure, questo escamotage consentirebbe a 5 Stelle e alleati di contarsi e magari di puntare lo stesso a superare il Pd. Se D’Amato dovesse spuntarla, il sistema a turno unico e il premio di maggioranza lo spingerebbero comunque a riprodurre l’alleanza allargata. Magari sulla scorta del peso delle singole liste e dunque a scapito di Calenda e Renzi, che presumibilmente non farebbero la parte del leone. Il che consentirebbe a Conte di affrontare la vera questione dirimente (più del termovalorizzatore): l’alleanza con i terzopolisti. Due giorni fa, D’Amato ha incontrato l’ex vicesindaco di Virginia Raggi Luca Bergamo, adesso candidato nella lista Demos della sua coalizione. C’era anche Domenico De Masi, sociologo molto apprezzato dalle parti del M5S. «Sia chiaro – ha detto Bergamo accanto a D’Amato – Se non volete un dialogo coi 5 Stelle non mi votate».

«Io sono una candidata civica di due liste, non sono nel Movimento 5 Stelle – ha detto Donatella Bianchi domenica scorsa rispondendo alle domande di Lucia Annunziata su RaiTre a Mezz’Ora in più – Noi andiamo in continuità con quanto fatto dalle due assessore uscenti, su transizione ecologica e turismo». D’Amato ha colto la palla al balzo: «Cose fatte dal governo regionale». Il che equivale a dire che esisterebbe un modo per costringere i due tronconi in cui si è diviso il fronte che si oppone alla destra a rimettere insieme le proprie forze. Bianchi ieri è stata ancora più diretta: «D’Amato la smetta di elemosinare i voti del M5S».

Nel frattempo Rocca continua ad accumulare gaffe: finalmente è comparso il suo programma elettorale, più volte annunciato su un indirizzo web che risultava irraggiungibile. I sondaggi danno Rocca più basso rispetto alla somma delle singole liste che lo appoggiano. Segno che il voto disgiunto potrebbe divenire una mina vagante anche per lui.