È stata immediata la risposta di Israele all’intervista al programma tv Zona Bianca (Mediaset) in cui il ministro degli esteri russo Serghei Lavrov ha affermato che Adolf Hitler aveva origini ebraiche e che i maggiori antisemiti sarebbero proprio gli ebrei. La prima reazione non a caso è stata di Dani Dayan, il presidente del Memoriale dell’Olocausto Yad Vashem di Gerusalemme. «Sono affermazioni false, deliranti e pericolose», ha commentato Dayan, denunciando chi accusa gli ebrei di aver sterminato altri ebrei nella Shoah. «C’è da rammaricarsi – ha aggiunto – che il ministro degli esteri della Russia partecipi a questa attività antisemita». Uguale sdegno ha espresso la stampa. Il quotidiano Haaretz, il più autorevole dei giornali israeliani, ha spiegato come le «origini ebraiche» di Hitler siano citate in varie teorie complottiste, a causa dell’incertezza che regna ancora intorno al padre dell’ideatore del nazionalsocialismo ed esecutore dello sterminio degli ebrei. Teorie che non hanno mai trovato un fondamento storico.

La reazione più dura alle dichiarazioni di Lavrov è giunta dal premier Naftali Bennett. «Lo scopo di queste bugie è accusare gli ebrei stessi per il più terribile crimine della storia, che è stato commesso nei loro confronti, liberando così dalle loro responsabilità gli oppressori d’Israele», ha detto in un comunicato diffuso dal suo ufficio. «L’uso dell’Olocausto del popolo ebraico come strumento politico deve cessare immediatamente», ha tuonato Bennett. Taglienti i commenti del ministro degli esteri Yair Lapid – il più schierato contro Putin nel governo israeliano – che ha convocato l’ambasciatore russo a Tel Aviv, Anatoly Viktorov, e chiesto scuse ufficiali. Quello di Lavrov, ha detto Lapid, «è un commento scandaloso e imperdonabile, un terribile errore storico per il quale ci aspettiamo delle scuse. Gli ebrei non si sono assassinati da soli nell’Olocausto. La forma più bassa di razzismo contro gli ebrei è accusare gli stessi ebrei di antisemitismo». Il capo della diplomazia israeliana ha inoltre condannato l’accusa di Nazismo che Lavrov ha rivolto al presidente dell’Ucraina Zelensky, di origini ebraiche. Da Kiev è intervenuto sull’accaduto il ministro degli esteri ucraino, Dmytro Kuleba. «Lavrov non ha potuto fare a meno di lasciar trasparire il radicato antisemitismo delle élite russe» ha sostenuto Kuleba, che ha poi descritto come offensive le osservazioni di Lavrov su Zelensky, l’Ucraina, Israele e il popolo ebraico.

Allo stesso tempo Haaretz ieri, accanto alle parole del ministro russo, riferiva che un ente governativo ucraino incaricato di preservare la storia nazionale, ha chiesto di rinominare diverse strade di Kiev in onore anche di collaborazionisti dei nazisti, come parte degli sforzi di «de-russificazione» del paese. E mentre ha raccomandato di intitolare una strada all’ex premier israeliana Golda Meir, nata a Kiev, ha anche elencato personaggi che sono stati affiliati all’Organizzazione dell’Ucraina Nazionalista come Andriy Melnyk e Yevhen Onatskyi.

Lo sdegno per il contenuto dell’intervista di Lavrov potrebbe causare una crisi e spingere Israele tra le braccia dell’Ucraina. Ciò dopo che Bennett ha cercato per settimane di non rompere con Mosca – all’inizio di marzo era anche andato a Mosca per incontrare  Putin – allo scopo di preservare i buoni rapporti tra i due paesi e garantirsi il via libera del Cremlino ai bombardamenti aerei israeliani contro presunti obiettivi iraniani in Siria dove opera anche l’aviazione russa. Israele peraltro non ha aderito alle sanzioni occidentali contro Mosca e non ha mai fornito (alla luce del sole) armi all’Ucraina nonostante le sollecitazioni di Zelensky. Ma questa equidistanza è sempre più fragile. Il ministro Lapid invoca un appoggio aperto all’Ucraina e l’opinione pubblica israeliana è schierata con Kiev. Nei giorni scorsi, di fronte al favore con cui Israele guarda all’Ucraina, Putin ha espresso (un insolito) appoggio alla causa palestinese e criticato la repressione della polizia israeliana delle proteste sulla Spianata di Al Aqsa di Gerusalemme. Ha anche esortato il governo israeliano a trasferire subito alla Russia la proprietà di una chiesa russa a Gerusalemme, come aveva promesso a Mosca l’ex premier Benyamin Netanyahu.