L’auto, il cardine della civiltà (e altri deliri)
Avrei volentieri parlato d’altro, di quanto è bello e remunerativo e liberatorio muoversi leggermente e senza fare danni per la propria città. Di più: il mio più grande desiderio è […]
Avrei volentieri parlato d’altro, di quanto è bello e remunerativo e liberatorio muoversi leggermente e senza fare danni per la propria città. Di più: il mio più grande desiderio è […]
Avrei volentieri parlato d’altro, di quanto è bello e remunerativo e liberatorio muoversi leggermente e senza fare danni per la propria città. Di più: il mio più grande desiderio è di non parlare più di queste cose. Ma non se ne esce, la semplice idea di Milano «rallentiamo per non farci male» sembra aver colpito nel profondo strati e strati di abitudini consolidate, quasi calcificate: quindi per la terza volta di seguito sono trascinato a registrare nuove vette di nonsense raggiunte dai giannizzeri dell’automobile. Ora tocca all’editoriale del direttore della rivista Quattroruote, Gian Luca Pellegrini, dal titolo apocalittico: «La guerra di religione contro l’automobile», sommarietto «Ormai si sta mettendo in discussione il diritto alla mobilità privata».
Mi metto quindi comodo a leggere, più che altro per capire da quale morta gora di pensiero escano toni propri dei talebani. Si parte volando alto, citando tal Tavares che pare essere il capo della Fiat sotto altro nome, e lasciando capire – saranno messaggi interni, vai a sapere – che costui sta per lasciare la guida di Stellantis; e fin qui tutto bene, fatti loro, chissà dov’è ’sta guerra di religione.
Eccola un bel po’ dopo seguendo questi passaggi: 1) preoccuparsi della sostenibilità dell’automobile 2) interrogarsi sulla transizione ecologica 3) ma (ed ecco il punto) distratti dall’elettrificazione non ci si è accorti che «nella società stia germogliando una scuola di pensiero che mette in discussione uno dei capisaldi della civiltà occidentale: il diritto di muoversi in automobile». Già fa ridere abbastanza così ma vi assicuro che la cosa peggiora e i tamburi del tempio rullano più forte nel resto del testo, chiamando a raccolta i pasdaran della Vera Fede. (Flashback: una 500 rotola fulminea nella notte romana, rimbalza tra palo, albero e marciapiede. Finisce la giovanissima vita di 5 dei 6 occupanti, non vedranno mai più la luce dopo tale brutale vettorialità). «Sono le derive estremistiche – prosegue il testo – di un’opposizione pregiudiziale all’automobile», cosa «rappresentata plasticamente» da Milano a 30km/h. E qui giù legnate sul primo firmatario del noto odg milanese, Mazzei, che non solo reo di aver chiamato alla jihad antiauto è anche subdolamente riuscito a far «candidamente ammettere» all’assessora Censi la necessità di «andare verso l’abbandono di tutti i mezzi a motore». Che tipaccio eh. (Flashback: due diciottenni tornano camminando verso casa parlando tranquillamente nella notte: un’automobilista lanciata sul marciapiede porta via dalla vita Francesco, che prima c’era e ora non c’è più).
Viene citato un tweet «apocalittico» di Mario Tozzi (il divulgatore chiedeva i 30km/h anche a Roma), lo «spirito millenarista» olandese, e via dicendo. Il testo s’avvia a conclusione: se fosse nell’industria dell’auto, scrive Pellegrini, «inizierei a preoccuparmi di chi vuole la morte della mobilità privata e della filiera». Secondo lui è una politica «distante dalle esigenze della gente comune». (Flashback: il sangue di Elvis, fattorino, è ancora sull’asfalto di Piazza dei Re di Roma).
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