Internazionale

L’arte di sopravvivere alle frontiere d’Europa

L’arte di sopravvivere alle frontiere d’Europa«Didactic Wall», di Mladen Miljanovic, è un libro ma anche una mostra. Prima installazione a Bihac, città bosniaca al confine con la Croazia, divenuta crocevia-limbo per i migranti diretti in Europa

Didactic Wall Un manuale di istruzioni per attraversare le barriere naturali e artificiali che le «persone in movimento» incontrano sulla "rotta balcanica", pieno di informazioni pratiche e riflessioni eversive sul ruolo dell'artista rispetto al tema delle migrazioni. L’ultima opera del bosniaco Mladen Miljanovic

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 3 ottobre 2019

Militanza, pedagogia, eversione: è la sostanza di cui è fatta l’ultima opera dell’artista bosniaco Mladen Miljanovic, Didactic Wall.

Un manuale di istruzioni per attraversare le barriere naturali e artificiali che le «persone in movimento» incontrano sul loro cammino: corsi d’acqua, montagne, ma anche recinzioni, raggi infrarossi, radar. E poi consigli su come nascondersi, orientarsi, prestare soccorso, aggirare i sistemi di sorveglianza, droni inclusi. Il tutto in una serie di illustrazioni tratte dai manuali militari e ripensate da Miljanovic per offrire un aiuto pratico a chiunque si metta in viaggio per raggiungere la terra promessa. Lo stesso libro è anche materialmente un mezzo con cui salvarsi: «Se avete bisogno di segnalare che siete in difficoltà, bruciate il manuale» si legge alla fine. Nella guida è contenuta una polvere che colora il fumo di rosso così da aumentare le chance di essere avvistati.

MA «DIDACTIC WALL» È PIÙ di un manuale di istruzioni. Quello che Miljanovic disegna è uno spazio di riflessione sul ruolo della cultura e delle arti rispetto al tema delle migrazioni. Con le sue illustrazioni l’arte diviene denuncia di politiche inique, regole non etiche, valori immorali, ma anche vettore di cambiamento della società in cui opera.

Quando un anno e mezzo fa la crisi dei migranti raggiunge e travolge la Bosnia-Erzegovina, Miljanovic decide che è il momento di agire. Così elabora un’opera formalmente rivolta ai migranti, ma che di fatto parla a tutti noi. Noi in quanto testimoni delle migrazioni contemporanee, noi in quanto migranti a nostra volta, noi in quanto europei nell’atto di ridefinire un’identità smarrita sulla base del rifiuto dell’Altro.

Centrale in Didactic Wall è il concetto di frontiera che nell’opera di Miljanovic viene declinata in diversi modi. In primis, la frontiera intesa come espressione della sovranità nazionale e territoriale dello Stato. Le frontiere tra gli Stati dell’Unione europea che credevamo cancellate per sempre sono riemerse generando una nuova ondata di re-identificazione che porta all’affermazione del nazionalismo e dell’estrema destra. Per Miljanovic la violenza che si scatena ai confini d’Europa contro i migranti non è che la risposta al tentativo di messa in discussione di quell’idea di confine. Ma le barriere sono anche sociali, culturali, mentali.

NEL SUO MANUALE l’artista bosniaco cerca di trasformare la sua formazione militare in uno strumento ad uso civile su quel terreno d’incontro speciale che è l’Arte. È lo stesso artista quindi ad attraversare i confini tra la sfera militare e la sfera civile in un’opera che si propone di facilitare i migranti nell’attraversamento dei confini e che invita tutti noi ad attraversare i confini delle proprie convinzioni.

Due modi di intendere la frontiera che rappresentano il fil rouge di tutto il percorso artistico di Miljanovic, che da bambino vive sulla sua pelle gli effetti devastanti della retorica nazionalista. Quella che avvelena la Bosnia negli anni Novanta distruggendo un patrimonio secolare di convivenza pacifica tra diverse religioni. Metà della sua famiglia viene uccisa, l’altra cerca rifugio a Doboj dove i serbo-bosniaci sono la maggioranza. La guerra la vincono loro, i nazionalisti, quelli che costringono tutti gli altri a vivere divisi come non lo sono mai stati.

È IL RICORDO DI QUEGLI ANNI a spingere Miljanovic a lasciare la carriera militare, ma quando si iscrive all’Accademia d’arte di Banja Luka il militare ripiomba nella sua vita. Finisce a frequentare dei corsi nell’ex caserma di Vrbas ed è allora che inizia a combinare quella esperienza di «distruzione» con un’esperienza di «costruzione». In una delle sue prime performance artistiche, Sluzim Umjetnosti, Sono a servizio dell’Arte, Miljanovic si confina nell’ex caserma, spingendo il suo corpo al limite di un isolamento volontario durato nove mesi.

Nel suo ultimo video Zvuci rodnag kraja, Suoni della Patria, l’artista riunisce tre veterani di guerra delle opposte fazioni che si sono combattute in Bosnia. Li interroga sui motivi che li hanno spinti a partecipare a quel massacro, li incalza sul senso delle loro divisioni, restituendo in questo modo tutta l’insensata banalità delle barriere tra individui e tra gruppi sociali con uno sguardo dissacrante e gravido di sofferenza. Lo stesso che ritroviamo in Didactic Wall dove l’impiego del linguaggio militare per aiutare i migranti è una scelta stilistica (e politica) dal carattere eversivo.

«DENARO, CAPITALI, MERCI: nel sistema neoliberista in cui viviamo, diamo per scontato che possano circolare liberamente e arrivare in ogni angolo del mondo – spiega Miljanovic – ma quando si tratta di esseri umani il discorso cambia». Allora si erigono muri e barriere come se lo spostamento di massa da Stati come Pakistan, Nepal, India, Afghanistan, Iran, Siria, Libia non fosse il risultato dello sfruttamento neo-coloniale di quei Paesi da parte dell’Occidente sviluppato. «I migranti sono vittime collaterali di politiche dissennate, non si può impedire loro di muoversi, prosegue l’artista. Viviamo in tempi straordinari, le migrazioni sono una sfida globale ed è anche per questo che il manuale è stato tradotto in inglese, arabo, spagnolo e urdu, e reso accessibile gratuitamente su internet. L’arte non solo può, ma deve agire e modificare la realtà».

 

L’artista ed ex militare bosniaco Mladen Miljanovic

 

Con questo spirito Didactic Wall è diventata anche un’installazione che ha debuttato lo scorso luglio alla Galleria d’arte di Bihac, città bosniaca al confine con la Croazia che dallo scoppio della crisi si è trasformata in una sorta di limbo per i migranti diretti in Europa, un luogo di confinamento tra due realtà, come la chiama Irfan Hosic, curatore della mostra. La realtà che i profughi si lasciano alle spalle e quella verso cui corrono disperatemente.

In questo limbo la mostra ha aperto uno spazio educativo, di incontro e socializzazione tra chi vive a Bihac e chi si trova di passaggio. «Le reazioni di migranti e popolazione locale sono state sorprendenti e scioccanti, spiega Hosic. Da una parte sono stati distribuiti circa un migliaio di testi ai migranti, dall’altra c’è stata una grande risposta da parte della comunità. I cittadini che hanno preso parte alla mostra ci hanno detto di aver cambiato la loro percezione sui problemi in cui si imbattono le «persone in movimento». Così oltre all’intento dichiarato di dare informazioni utili ai migranti su come oltrepassare le frontiere, l’opera è riuscita a sensibilizzare l’opinione pubblica e a provocare un piccolo, ma significativo cambiamento».

DOPO AVER FATTO TAPPA al Museo nazionale del Montenegro a Cetinje l’installazione ora è in viaggio verso il Centro di arte contemporanea KIBLA di Maribor in Slovenia (11 ottobre-28 dicembre). Due Paesi in cui l’idea di erigere muri per fermare i migranti è accarezzata da tempo (Montenegro), o è già una realtà (Slovenia). A Didactic Wall il compito di distruggerli idealmente, perché «i soli muri che necessitano di essere costruiti sono quelli che ci insegnano come la libertà umana sia la nostra più grande conquista». Parola di Milijanovic.

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