Rubriche

L’appeal globale del vecchio Pci

In una parolaIllustrazione – Costanza Fraia

In una parola La rubrica settimanale a cura di Alberto Leiss

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 20 aprile 2021

Sono quasi vecchio, ma non credo di aver ancora capito se la nostalgia è un sentimento buono o cattivo. Parola bellissima comunque, come si sa dai due significati greci: nostos, il ritorno a casa, e algos, dolore. Il desiderio dolente di Ulisse. Ma quanto intrecciato con pulsioni del tutto opposte?

Una sorpresa nostalgica ho provato leggendo sulla Domenica del Sole 24 ore che Giorgio Manganelli nel 1974 aveva riscritto l’”Otello” di Shakespeare, su incarico della Biennale di Venezia, perché fosse rappresentato al Petrolchimico di Marghera. Idea di Luca Ronconi, direttore della sezione Teatro della Biennale, “per una cultura democratica e antifascista”.

Una ricerca di Francesco Guzzo racconta le critiche – tra cui quella spietata e ironica di Alberto Arbasino – indirizzate al “decentramento” verso un pubblico operaio. Ma anche il successo dell’operazione: 5 repliche e 2.329 spettatori, all’80 per cento operai e addette mensa del Petrolchimico. Dibattiti e interviste per l’occasione documentano interesse, curiosità, partecipazione. Negli stessi anni, da poco iscritto al Pci, cominciavo a lavorare all’Unità. Che cosa c’era in quella imprevista emozione nostalgica?

Non tanto il partito e il giornale scomparsi. Quanto il clima di quel tempo. Si poteva credere che politica fosse anche fare cultura, teatro, musica, dentro o vicino ai luoghi del lavoro. Manomettendo un testo letterario sacro. Non credo di rimpiangere una “comunità”, di cui vedevo le cose non buone. Ma quella sensazione emozionante: il mondo si poteva cambiare davvero.

Pensieri in quest’anno di commemorazioni centenarie per un partito bistrattato che era parte determinante, pur se non unica, e molto contraddittoria, di quel panorama di entusiasmi radicali. Partito di cui riscopro l’appeal globale nel bel libretto uscito in con Internazionale: “Avanti popolo. Il Pci raccontato dai giornali di tutto il mondo”. Una rapida ma assai istruttiva rassegna della stampa internazionale sul comunismo italiano, dal 1921.
Proprio nel 1975, il 19 ottobre, ecco un articolo dell’Observer che illustra la politica del “compromesso storico” dopo il successo clamoroso alle elezioni amministrative, sottolineando tutte le differenza tra il Pci di Berlinguer (ma anche di Gramsci e Togliatti) e l’ortodossia sovietica.

Andando indietro si può leggere il Times del 29 novembre 1961, che registra un lungo documento della segretaria del Pci, pubblicato dall’Unità, in cui si torna sugli “errori di Stalin” che hanno “ostacolato lo sviluppo della rivoluzione”. Il dibattito sulla “destalinizzazione”, commenta il giornale inglese liberal-conservatore, “avrà nuovo impulso a tutti i livelli nel Pci”. Ritornando in avanti nel tempo, ecco nell’ottobre 1982 l’articolo del Kommunist, rivista teorica del Pcus, che attacca direttamente il Pci e Berlinguer: le loro critiche al sistema sovietico e la loro idea di democrazia – “un cedimento alla concezione liberale”- sono irricevibili.

C’è da discutere su molte delle ricostruzioni faziose che continuano a circolare. Forse la nostalgia è un buon sentimento se non si arresta al rimpianto, ma induce a una seria memoria del passato, da reinvestire oggi. Tornare a casa, ma per inventare nuovi viaggi.

PS. Mentre scrivo mi imbatto nella notizia di Grillo che fa una scenata su facebook difendendo il figlio accusato di stupro. Video impressionante. Si può capire il dolore di un padre, e avere riserve sull’uso pubblico della storia. Ma si può accettare che un uomo – un maschio – con ruolo politico così rilevante, urli la sua sentenza di un atto giudiziario in corso su un presunto comportamento tanto grave? A proposito di personale e politico.

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