«Una vicenda ripugnante», tuona Andrea Orlando, «esprimere una condanna ferma non è sufficiente. Bisogna capire quale meccanismo non funziona, dobbiamo essere certi che le istituzioni siano autonome quando decidono, non condizionabili né da potenze straniere né da soggetti esterni». Peppe Provenzano è altrettanto duro: «Ora serve una reazione forte, politica, che vada al di là dello sdegno».

Il Qatargate continua ad angosciare il Pd, anche se nessuno dei suoi eurodeputati finora è stato indagato. Andrea Cozzolino, il cui assistente è Francesco Giorgi (al centro dell’inchiesta e compagno di Eva Kaili), si è autosospeso dal gruppo socialista. Il viaggio a Doha del 2020 di Alessandra Moretti pare esente da ombre, così come i suoi voti di fine novembre contro il Qatar. Gli uffici degli assistenti (quella di Moretti e Davide Zoggia, ex deputato di Art.1 che lavora per Pietro Bartolo, che a sua volta ha abbandonato i dossier sulla liberalizzazione dei visti per i cittadini del Qatar) sono stati dissequestrati.

E tuttavia l’angoscia resta il sentimento dominante tra i den, a Roma come a Bruxelles. «Quei tentativi di presunta corruzione non hanno avuto alcun esito», insiste Provenzano parlando con Huffingtonpost. «Proprio sul Qatar, la delegazione del Pd, e dei socialisti europei, ha votato una mozione durissima di condanna. Oggi siamo noi a chiedere una commissione di inchiesta, siamo i primi a voler far piena chiarezza. Ci consideriamo parte lesa».

È la linea ufficiale decisa martedì da Enrico Letta. Che non ha esitato a mettere le mani avanti: «Saremo inflessibili nei confronti di eventuali esponenti Pd coinvolti». In realtà il 21 novembre i socialisti votarono no a Strasburgo alla richiesta della sinistra di una presa di posizione sul Qatar prima dell’inizio dei mondiali di calcio (con l’eccezione di Massimiliano Smeriglio e dell’ex procuratore nazionale antimafia Franco Roberti). Tre giorni dopo, quando si entrò nel merito delle questioni, i dem invece votarono a sfavore del Qatar.

Ma la questione ore va oltre le singole votazioni. «Bisogna reagire per rendere più forti i fattori di trasparenza e per difendere il prestigio delle istituzioni», dice Paolo Gentiloni. Elly Schlein dice che «la questione morale continua ad essere attuale e chiama in causa tutte le forze politiche». E chiede di «stringere le maglie e i controlli sulle attività delle lobby» nelle istituzioni Ue e «maggiore trasparenza dei parlamentari sugli incontri con i portatori di interesse».

Schlein e Provenzano dicono stop alle porte girevoli tra politica e difesa di interessi privati. Il vicesegretario cita i casi di Piercarlo Padoan, passato dalla politica alla guida di una banca, di Renzi e di D’Alema. Nessuno di loro è coinvolto nell’inchiesta sul Qatar, «però vedere un ex leader della sinistra spuntare in grandi affari internazionali, su armamenti, sul petrolio, spiega parte del nostro problema di credibilità», dice Provenzano.

Smeriglio invita a regolamentare non solo gli incontri con le lobby, ma anche con «rappresentanti di regimi autoritari dove i confini tra politica, impresa e affari sono molto labili». E cita gli 1,5 miliardi spesi lo scorso anno dalle lobby che circolano intorno alle istituzioni europee: «Servono regole più severe».

Sanguina anche Articolo 1. «In un colpo solo uno sputo in faccia alla sinistra in Italia, all’Italia in Europa e al Parlamento europeo e alle ong nel mondo. Un capolavoro», dice Bersani. E Roberto Speranza accantona ogni prudenza garantista verso Antonio Panzeri (già espulso dal partito) e scarica anche Zoggia: «Da tempo non è più con noi». «Serve la massima fermezza dinanzi alle responsabilità che emergeranno».