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L’ambasciatore Rodríguez lascia Roma da chavista, ma in polemica con l’entourage di Maduro

L’ambasciatore Rodríguez lascia Roma da chavista, ma in polemica con l’entourage di MaduroL'ambasciatore Isaías Rodríguez di fronte all'Ambasciata della Repubblica Bolivariana del Venezuela di Roma saluta in manifestanti venuti a esprimere il loro sostegno al governo Maduro dopo il fallito golpe dello scorso gennaio – LaPresse

Venezuela Il rappresentante diplomatico in Italia rinuncia alla carica. E con essa alle «dosi di insonnia, stress, afflizione e alle vipere che da molto tempo» accompagnano il presidente. Intanto l'effetto perverso della sanzioni Usa mette a rischio anche l’accordo di assistenza medica con Caracas

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 22 maggio 2019

Se ne va «senza rancore», ma certamente non senza polemiche. Perché, comunicando in una lettera a Maduro la sua rinuncia alla carica di ambasciatore del Venezuela in Italia, Isaías Rodríguez riafferma sì con convinzione la propria lealtà al presidente, ma di certo non risparmia critiche al suo entourage. «La sua causa – gli scrive – è la mia e mi ha trattenuto come un campo magnetico (…). Con una fede assoluta mi sono aggrappato al chavismo, come fosse una tavola nell’oceano di contraddizioni che circonda il suo governo».

L’ormai ex ambasciatore, già membro dell’Assemblea costituente nel 1999, vicepresidente del Venezuela e procuratore generale della Repubblica, non fornisce dettagli, ma il suo affondo è deciso: «Molti dei suoi discepoli hanno ben poco degli apostoli», scrive, aggiungendo di aver «visto molto marketing» nella cerchia di Maduro come, precedentemente, in quella di Chávez e di rinunciare con sollievo alle sue «dosi di insonnia, stress, afflizione e alle vipere che da molto tempo» accompagnano il presidente.

NEANCHE UNA PAROLA, però, contro Maduro e contro la sua «battaglia degna e valorosa contro l’impero in declino»: «Voglio che lei sappia che sono e sarò al suo fianco. Ma spiritualmente. È arrivato il momento di fare il nonno». Se ne va anche, precisa, «senza denaro», con la moglie costretta a vendere i suoi abiti come lui la sua auto, e senza un conto bancario «perché gli Stati uniti mi hanno sanzionato e la banca italiana mi ha chiuso le porte». Ma è chiaro che non sono le difficoltà economiche personali ad averlo spinto a questo passo.

Il portale La iguana Tv accenna a «discrepanze con vari ministri», l’ultima delle quali legata alla presenza venezuelana alla biennale di Venezia. L’ambasciatore, infatti, avrebbe contestato l’opportunità di prendere parte al costoso evento, considerando le difficoltà finanziarie dell’ambasciata, già in ritardo di tre mesi nel pagamento dell’affitto e di quattro mesi nella retribuzione degli impiegati, tutto, naturalmente, per effetto delle sanzioni contro il governo Maduro.

SANZIONI che, aveva denunciato l’ambasciatore, stanno mettendo a rischio anche l’accordo di assistenza medica sottoscritto 9 anni fa dal governo con l’Atmo, l’Associazione per il trapianto del midollo osseo, grazie a cui oggi 25 pazienti venezuelani, soprattutto bambini, si trovano in cura negli ospedali italiani. Se anche gli attuali pazienti riuscissero a completare le cure, aveva spiegato Isaías Rodríguez, l’accordo con l’Atmo, nel caso in cui l’embargo andasse avanti, verrebbe necessariamente sospeso.

Tuttavia, incuranti della scia di sofferenza e di morte lasciata dalle sanzioni, gli Usa proseguono nella loro strategia di strangolamento economico del Venezuela. Come ha denunciato Freddy Bernal, il responsabile nazionale dei Clap – il programma statale di distribuzione di alimenti sussidiati grazie a cui oltre 7 milioni di famiglie riescono a sopravvivere alla crisi – il governo Trump ha esteso l’embargo a «10 delle 12 compagnie che trasportavano alimenti in Venezuela», provocando così un ritardo di tre mesi nell’arrivo dei prodotti di base.

IN QUESTO QUADRO, si intende bene come la necessità di un modello di sovranità produttiva sia tra i punti evidenziati nelle giornate dedicate al «dialogo di rinnovamento, cambiamento e rettifica» che hanno preso il via il 4 maggio proprio al fine di individuare elementi da correggere, rilanciare o approfondire nel cammino rivoluzionario. Un’esigenza evidenziata dallo stesso Maduro quando, l’1 maggio, aveva riconosciuto che il processo bolivariano «ha incontrato ostacoli, si è arrestato o ha registrato un’involuzione» a causa delle energie spese nella «battaglia contro l’imperialismo».

E quanto forte sia il bisogno di cambiamenti – a conferma delle contraddizioni denunciate da Isaías Rodríguez – lo ha indicato al meglio la risposta della popolazione: più di 16.800 le assemblee popolari svoltesi in 335 municipi, con la partecipazione di organizzazioni politiche e di movimenti di base.

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