L’ambasciata d’Italia a Caracas ospita una golpista
Venezuela Il ministro degli Esteri Moavero Milanesi accoglie la deputata Magallanes, privata dell'immunità parlamentare per aver preso parte al golpe fallito del 30 aprile scorso al fianco di Guaidó, ormai in disgrazia
Venezuela Il ministro degli Esteri Moavero Milanesi accoglie la deputata Magallanes, privata dell'immunità parlamentare per aver preso parte al golpe fallito del 30 aprile scorso al fianco di Guaidó, ormai in disgrazia
Erano decisamente altri tempi quelli in cui l’ambasciata italiana a Santiago dava rifugio a centinaia di oppositori del regime di Pinochet: una straordinaria storia di accoglienza raccontata recentemente – e magistralmente – nel film documentario di Nanni Moretti Santiago, Italia.
Più di 40 anni dopo un’altra ambasciata italiana, quella a Caracas, ha scritto una pagina di storia di cui andare assai meno fieri, garantendo ospitalità «e ogni possibile tutela», come riferisce la Farnesina, non alle vittime di un golpe ma a una golpista: la deputata venezuelana Mariela Magallanes.
Sposata con un italiano e in attesa della cittadinanza, la parlamentare accolta nella residenza dell’ambasciatore d’Italia è tra i sette deputati a cui l’Assemblea nazionale costituente, su richiesta del Tribunale supremo di giustizia (Tsj), ha revocato l’immunità parlamentare con l’accusa di aver preso parte al fallito colpo di Stato del 30 aprile scorso.
Oltre a lei, Edgar Zambrano, primo vicepresidente dell’Assemblea nazionale (An), Henry Ramos Allup, ex presidente dell’An e dirigente del partito Acción Democrática, e altri esponenti di destra come Luis Germán Florido, José Simón Calzadilla Peraza, Amerigo De Grazia e Richard José Blanco Delgado, tutti accusati dal Tsj per i reati, tra gli altri, di tradimento della patria, cospirazione, istigazione all’insurrezione, ribellione civile, associazione per delinquere, usurpazione di funzioni.
All’appello del Tsj manca Juan Guaidó, a cui l’immunità era già stata revocata per aver violato, il 22 febbraio (all’epoca dell’ingresso degli aiuti umanitari «sì o sì»), il divieto di lasciare il paese. Ma è evidente che nel suo caso il governo si muove con estrema cautela, non volendo trasformare un presidente fantasma – senza governo, senza esercito e anche senza popolo – in un martire o in un eroe.
Tanto più in un momento in cui l’autoproclamato presidente, in forte crisi di credibilità dopo il fallimento del golpe del 30 aprile, sarebbe assai più utile in prigione che in libertà per la causa dell’opposizione e dell’amministrazione Trump, ossia, per usare i termini del ministro della Cultura Ernesto Villegas, per i pagliacci e per il proprietario del circo.
«Ferma condanna» per i provvedimenti emessi nei confronti dei sette deputati è stata espressa dal ministro degli Esteri italiano Enzo Moavero Milanesi, secondo cui tali decisioni violerebbero «le basilari immunità parlamentari e i principi dello Stato di diritto».
Evidentemente convinto che un colpo di stato sia compatibile con tali principi e che ai responsabili vada assicurata l’impunità, il ministro ha assicurato che «simili atti repressivi non aiutano affatto la ricerca di una soluzione democratica e pacifica della grave situazione venezuelana, a favore della quale il governo italiano lavora insieme all’Unione europea, anche nel contesto dell’apposito Gruppo Internazionale di Contatto».
Il gruppo, cioè, coordinato dalla Ue e composto da paesi europei (tra cui l’Italia) e latinoamericani allo scopo di «accompagnare il processo democratico verso nuove presidenziali in Venezuela», esattamente come richiesto da Guaidó.
E proprio per uscire dal pantano in cui è andato a far compagnia all’opposizione, il gruppo di contatto punterà ora, come annunciato dall’Alta rappresentante Federica Mogherini, a intensificare i contatti anche con altri paesi, come quelli della Comunità caraibica, Stati uniti, Russia, Cina, Cuba e persino il Vaticano, in cerca di «una soluzione politica, pacifica e democratica in Venezuela».
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