Economia

L’altra faccia della criptomoneta

L’altra faccia della criptomonetaUna protesta a San Salvador contro l'introduzione del bitcoin – Ap

El Salvador Si mette male per Nayib Bukele, il presidente "twittero" che ha scommesso oltre 90 milioni di fondi pubblici, perdendone già 20, sulla libera circolazione del bitcoin

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 5 febbraio 2022

A neanche cinque mesi dall’adozione nel settembre scorso del bitcoin come moneta virtuale di circolazione legale in El Salvador (primo al mondo con l’obbligo per istanze pubbliche e private di accettarne il pagamento per beni e servizi) si sta mettendo piuttosto male per il giovane presidente twittero Nayib Bukele. Il Fondo Monetario Internazionale gli ha fatto pervenire un inquietante monito perché abbandoni o comunque limiti al più presto l’impiego della cripto-moneta che metterebbe a rischio «la stabilità e integrità finanziaria» della nazione, oltre che «la protezione del consumatore». Il Fmi ha lasciato intendere che potrebbe sospendere la negoziazione in corso per un prestito di 1,3 miliardi di dollari al già disastrato paese centroamericano.

A RINCARARE LA DOSE ci si sono messi pure il Nasdaq con un secco «Bukele non è l’eroe del bitcoin di cui abbiamo bisogno»; cui si sono sommate le critiche dell’Economist e del Financial Times, mentre l’economista Nouriel Roubini ha parlato di «disastro assoluto» e l’agenzia Moody’s ha abbassato il rating-paese.

Un coro talmente unanime quello della comunità finanziaria internazionale che poteva venire il dubbio che il presidente salvadoregno stesse combinando qualcosa di buono. Se non fosse che, per la loro estrema volatilità, i 1801 BTC che ha acquistato in almeno quattro occasioni (l’ultima il 21 gennaio scorso) per un totale di 92 milioni di dollari pubblici (oltre al relativo fondo di garanzia) a tutt’oggi hanno registrato una perdita di oltre 20 milioni (in settembre il BTC valeva 42mila dollari, per raggiungere il suo massimo in novembre a 69mila e precipitare oggi a quasi la metà di quel valore).

CIÒ NONOSTANTE il quarantenne Bukele ha fatto sapere che non cederà per una questione di sovranità nazionale, raccogliendo al riguardo l’unico curioso sostegno dall’estero dal deputato 5 Stelle nostrano Davide Zanichelli, coordinatore dell’intergruppo parlamentare criptovalute e blockchain.

Nayib si è poi detto sicuro che il BTC toccherà i centomila dollari entro quest’anno. Per argomentare questo suo azzardo si è riferito ai «50 milioni di milionari nel mondo» che non potrebbero neppure acquistare un bitcoin ciascuno visto che finora ne sono stati “concepiti” appena 21 milioni (di cui il 90% già “estratti”).

HA POI CONIATO L’IDEA della Bitcoin City (finanziandola con la prossima emissione sul mercato di BTC Bond) alimentata dall’energia geotermica dei vulcani Tecapa e Conchagua. Rilanciando così l’invito: «Accorrete minatori; che diventeremo il laboratorio mondiale delle cripto-monete». Per finire con l’annuncio della fondazione sulla costa del Pacifico della Bitcoin Beach del surf, dove tutto si pagherà in denaro virtuale.

Si è delineata dunque la assai peculiare fisionomia del primo capo di stato millennial delle Americhe, che in El Salvador ha stravinto democraticamente sia le sue elezioni che quelle parlamentari dell’anno successivo, conquistando la maggioranza assoluta. Per poi occupare immediatamente dopo con un golpe istituzionale anche il sistema giudiziario. Human Rights Watch non poteva che inserirlo nella lista degli «stati autocratici». Del resto come potrebbe altrimenti Bukele avventurarsi in questa pionieristica quanto folle gestione speculativa del paese, priva di ogni trasparenza, se non con il controllo assoluto di tutti i poteri?

 

Nayib Bukele a un congresso di investitori in criptomonete a Santa Maria Mizata, El Salvador, nel novembre scorso (Ap)

 

Non è peraltro neppure un caso che lo stile di Bukele andasse d’accordo con il presidente Donald Trump, per il quale conteneva l’emigrazione dei salvadoregni verso il nord in cambio di qualche finanziamento ma soprattutto di un laissez faire. Tutto è cambiato con l’avvento del “democratico” Joe Biden che ha cominciato a boicottare severamente il governo autoritario salvadoregno. Tanto che Bukele, nonostante gli Stati uniti siano di fatto l’unico partner storico del Salvador, si è prontamente rivolto verso Pechino stringendo accordi per investimenti di oltre 500milioni di dollari.

NON SOLO. Disconoscendo due anniversari e una cerimonia simbolici per la storia del suo paese, concentratisi fra il 16 e il 22 gennaio scorso (il 90° del massacro dei campesinos del 1932, il30° della firma degli accordi di pace del ’92 e la cerimonia di “beatificazione” del gesuita Rutilio Grande, ispiratore del vescovo-martire San Oscar Romero) Bukele ha pensato bene di disertarli per recarsi una settimana in Turchia (con la quale ha aperto relazioni un anno fa) firmando sei protocolli di cooperazione col suo omonimo (in tutti i sensi) Tayyip Erdogan. Mentre la consorte Gabriela Rodriguez presenziava all’Expo di Dubai.

Del resto, fa notare qualche maligno, la famiglia di Nayib è di antica emigrazione palestinese e il padre Armando era imam. Da lui Nayib avrebbe però ereditato solo lo spirito da businessman, oltre che paradossalmente la simpatia (poi rinnegata) verso la ex guerriglia del Fmln. Mentre la madre era cattolica.
Sul piano interno a nulla sembra valere l’opposizione della sinistra del Farabundo Martì, né dello stesso partito dell’oligarchia di Arena (che nel 2001 sostituì disinvoltamente il colon con il dollaro); entrambi timorosi di un disastroso default per le già precarie condizioni del bilancio nazionale, con il valore dei bond del debito pubblico precipitato del 30%.

AL CONTRARIO, il senso di mancanza di futuro delle disperate giovani generazioni salvadoregne, deluse dal paralizzante sistema bipartitico del passato, fanno sì che Bukele mantenga oltre l’80% dei consensi. Grazie ai sussidi ai settori meno abbienti e alla buona gestione della pandemia (vaccinazione compresa). Anche se al contempo il 70% della popolazione si dichiara scettico nei confronti della criptovaluta; fino a disconoscerne del tutto (il 22%) il funzionamento; salvo aver aderito in massa alla piattaforma Chivo Wallet per percepire i 30 dollari d’iscrizione. Come dire: il BTC è cosa solo per ricchi.

ANCHE LE RIMESSE FAMILIARI dei quasi tre milioni di emigrati salvadoregni, che lo scorso anno sono ammontate a ben 7,5 miliardi di dollari (il 20% del Pil) non transitano (se non in modesta entità) per la piattaforma BTC per l’inconsistente promessa di risparmio delle commissioni di trasferimento che verrebbe neutralizzato dai costi di conversione della cripto-moneta.

Ma Bukele non molla. Forse che voglia convertirsi nell’amministratore delegato di un paradiso fiscale di nuovo tipo? O nella Singapore dell’istmo centroamericano.

Errata Corrige

In El Salvador si mette male per Nayib Bukele, il presidente “twittero” che ha scommesso oltre 90 milioni di fondi pubblici, perdendone già 20, sulla libera circolazione del bitcoin

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