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L’Alleanza dilaga grazie al Sultano, armato da Biden

L’Alleanza dilaga grazie al Sultano, armato da BidenIl primo ministro svedese Ulf Kristersson con il segretario della Nato Jens Stoltenberg – Ap

Vertice Nato a Vilnius Per agevolare le trattative, Washington promette di sbloccare la vendita di quaranta F16 ad Ankara

Pubblicato circa un anno faEdizione del 12 luglio 2023

La Svezia nella Nato è un ulteriore fallimento dell’Operazione militare speciale voluta da Putin in Ucraina. La prima certezza uscita dal vertice di Vilnius, infatti, è che Kiev dovrà aspettare, ma Stoccolma no. Ora che il Segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, ha strappato una promessa inattesa al presidente turco Erdogan, il famoso «allargamento della Nato» diventa più concreto.

UNA FOTO descrive bene la situazione: Erdogan e il suo omologo svedese, Ulf Kristersson, si stringono la mano cordialmente in primo piano mentre alle loro spalle, al centro, il Segretario generale della Nato sorride come un prete che sta officiando un’unione benedetta. Sullo sfondo le bandiere bianche e blu del Patto atlantico. Stoltenberg poco dopo dichiara: «Sono felice di annunciare che il presidente Erdogan ha concordato di concedere l’ingresso della Svezia nella Nato il prima possibile». In cambio, sembra, la Svezia ha acconsentito a «sostenere il rinvigorimento del processo di ingresso di Ankara» nell’Ue; ma è un palliativo, la posta in gioco era ben più consistente.

TUTT’INTORNO si parla di Ucraina. Eppure la settimana non era iniziata nel migliore dei modi per la concordia atlantica. Erdogan sembrava aver lanciato un ultimatum: «Se volete la Svezia nella Nato, dovete accogliere la Turchia, che aspetta da 50 anni, nell’Europa». Piccato, il cancelliere tedesco Scholz aveva subito chiarito che Unione europea e Nato sono due cose diverse. «Non è un argomento correlato», aveva spiegato Scholz. E il diktat non era piaciuto neanche ai paesi del Vecchio continente. Anche perché la guerra in Ucraina ha palesato in modo incontrovertibile la dipendenza di Bruxelles dagli Usa, acconsentire alla richiesta di Erdogan sarebbe stato come derubricare l’Ue a un succedaneo della potente Alleanza atlantica. Invece Stoltenberg, dopo essere stato riconfermato per un altro anno alla guida della Nato, è riuscito a ricongiungere in tempi da record questo principio di frattura in modo da non distrarre gli invitati dai veri temi del summit: Ucraina, innalzamento del tetto della spesa militare, espansione dell’Alleanza.

CERTO, SE ACCANTO alle doti del mediatore aggiungiamo la promessa degli Stati uniti di sbloccare la vendita di 40 aerei da guerra F16 alla Turchia, il discorso diventa più comprensibile. Washington si era finora rifiutata di vendere i suoi caccia ad Ankara. Troppo ambigua la posizione del sultano sull’Ucraina, troppo stretti i suoi legami con Putin. Inoltre, l’acquisto di sistemi anti-missilistici S-400 da Mosca, nonostante il parere contrario dei vertici della Nato, non aveva giovato. Ora però, Erdogan può affermare raggiante ai microfoni di Anadolu, l’agenzia turca che il suo governo controlla: «Considero questo incontro come il primo passo del meccanismo di cooperazione strategica su cui ci siamo messi d’accordo. Sarà l’apertura di un nuovo capitolo di cooperazione strategica».

POCO DOPO il presidente turco incontra anche la premier Meloni, la quale dopo un incontro durato circa 50 minuti fa sapere che «con Erdogan c’è un comune interesse a rafforzare l’impegno sulla sponda sud» della Nato. Sembra che tra gli obiettivi della prima ministra italiana a Vilnius, probabilmente di comune accordo con Francia, Spagna e Grecia, ci sia un rinnovato impegno dell’Alleanza nel Mediterraneo e una presenza più effettiva delle navi da guerra Nato.

Allargamento è, in estrema sintesi, la parola chiave. Eppure, prima del 2022, pensare che nelle fila della Nato potesse entrare la neutralissima Finlandia, in bilico tra due mondi, la Svezia, gelosa della propria autonomia scandinava, o addirittura la Corea del sud, dall’altra parte del mondo e ben lontana da quell’Atlantico che all’Alleanza ha dato il nome, era impensabile. Ora invece non stupisce più. L’invasione dell’Ucraina ha rinvigorito la corsa al posizionamento nello scacchiere globale, oltre alla corsa al riarmo che ne è diretta conseguenza. Si torna alla logica secondo cui «i nemici dei miei nemici sono miei amici» e il mondo si divide nuovamente in blocchi e aree d’influenza. Putin accusava la Nato di porre una minaccia al suo Paese in Ucraina e ora si ritrova a dover fare i conti con un muro quasi ininterrotto di Paesi ostili in Europa. Neanche il più entusiasta degli strateghi filo-atlantisti sarebbe riuscito a compiere uno scacco così evidente. A volte anche nella storia esistono gli autogol.

Errata Corrige

Per errore in una prima versione dell’articolo era comparsa la città di Oslo come capitale della Svezia invece di Stoccolma. Ci scusiamo con lettrici e lettori.

(E grazie a Fausto per la segnalazione)

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