Ogni giorno che il sole sorge sulla terra nell’est della Repubblica democratica del Congo (Rdc) dei civili vengono uccisi. Gli ultimi episodi il 28 giugno nel territorio di Lubero: quattro vittime in un attacco delle Adf (Allied Democratic Forces); il 1 luglio due operatori della ong Tearfund uccisi dalla milizia giovanile dei Wazalendo (patrioti); ieri sei cittadini cinesi uccisi dalla milizia lendu Coopérative pour le développement du Congo (Codeco), un altro degli oltre 100 gruppi armati che devastano da anni le provincie orientali del Paese. A partire dall’M23, sostenuto dal Ruanda.

PICCOLI E GRANDI MOVIMENTI armati che ammazzano apparentemente senza motivo: a volte c’è il tema interetnico derivante da antiche ruggini coloniali, altre volte il controllo delle risorse minerarie, o gli interessi stranieri, o i motivi religiosi. Ma dietro ci sarebbero legami con politici locali, gli eserciti dei vicini Uganda e Ruanda e poi con i Paesi che acquistano le preziose materie prime strategiche del Congo.

Una grande confusione, che già ad aprile aveva portato il generale Christian Tshiwewe, capo di stato maggiore, a dichiarare che «c’è tra noi chi è corrotto e incitato al tradimento, a volte dai nostri stessi politici».

Nel frattempo è nata una nuova coalizione politico-militare, l’Alleanza del Fiume Congo (Afc) guidata da Corneille Nangaa, ex presidente della commissione elettorale congolese in esilio in Kenya. Il quale ora promette alla popolazione civile pace e sicurezza: «Siamo un esercito disciplinato», assicura.

LA CRISI DELLA SICUREZZA nell’est della Rdc va avanti ormai da tre decenni e ha causato lo sfollamento di oltre 1,7 milioni di persone nella sola provincia del Nord Kivu (150mila solo la scorsa settimana) facendo salire il numero dei profughi a 7,2 milioni, secondo le stime Onu. Nangaa ritiene che questa situazione sia stata mantenuta grazie «alla debolezza se non all’assenza dello Stato», anche perché, prosegue, «il regime di Kinshasa ha scelto di subappaltare la sicurezza nazionale usando la guerra come un business, sacrificando le Forze armate della Repubblica democratica del Congo (Fardc) a beneficio di mercenari stranieri e forze negative che perlustrano l’est del Paese seminando morte e desolazione». È un fatto, che le Fardc siano considerate poco professionali e poco disciplinate, ma i soldati si lamentano della scarsa paga e della mancanza di equipaggiamento. In molti hanno chiesto che vengano tolte e sostituite, perché sono piene di «ruandesi» ex M23 reintegrati nell’esercito nazionale dopo accordi di pace nel 2001: una mescolanza che sta scoppiando e genera sfiducia.

IL 3 LUGLIO il tribunale militare della guarnigione di Butembo, nel Nord Kivu, ha condannato a morte 25 soldati del Comando del Fronte Nord che erano accusati di dissipazione di munizioni, fuga dal nemico e violazione degli ordini.

Appare evidente, secondo un colonnello intervistato dalla Reuters che «non sappiamo più chi comanda chi, e i comandanti non sono sul campo. I soldati vengono pagati solo 100 dollari al mese e talvolta saltano i pasti o mangiano solo fagioli».

I militari dell’esercito congolese in fuga «sono la peggior calamità» secondo un missionario residente a Lubero. L’M23 ha preso anche il controllo politico dei centri conquistati nominando sindaci e amministratori locali di piccole e medie città che però nell’insieme hanno una popolazione di oltre 500 mila abitanti.

IL 28 GIUGNO È CADUTA sotto il controllo dell’M23 la città strategica di Kanyabayonga lungo la statale N2 che collega Goma a Butembo aprendo la possibilità di un’apertura del fronte verso una delle due città è così è accaduto. In pochi giorni l’M23 ha superato Kaayna e Kirumba arrivando ai limiti di Lubero. In una conferenza stampa del 29 giugno Corneille Nangaa ha dichiarato che il presidente della Repubblica Félix Tshisekedi ha «disarticolato, tribalizzato e indebolito l’esercito nazionale per promuovere esclusivamente la sua consorteria tribale . Nel 64° anniversario della nostra indipendenza il nostro Paese sta affondando, per questo non possiamo fare a meno di agire con la resistenza rivoluzionaria».

SECONDO GLI ANALISTI dell’istituto di ricerca Ebuteli l’Afc costituirebbe una mutazione dell’M23 nata allo scopo di raggiungere un duplice obiettivo: in primo luogo, creare una parvenza di amministrazione nelle zone occupate con la nomina dei sindaci. Secondo: posizionarsi come interlocutore per le trattative.

Ma il primo ministro congolese Judith Suminwa Tuluka ha ribadito che «il presidente è stato chiaro: non negozieremo con coloro che ci attaccano». E la ministra degli esteri Thérèse Kayikwamba Wagner, ha chiesto durante un incontro con il corpo diplomatico «azioni forti e sanzioni mirate» contro Kigali. Il Congo «si aspetta più che semplici condanne verbali».

L’ACCERCHIAMENTO della città di Goma, completato dalla presa di Shasha in febbraio, tagliando la strada nazionale N4 e la presa di Kanyabayonga che taglia la N2 costituirebbero quindi un mezzo per esercitare pressioni per ottenere questi colloqui.

Tuttavia, la stragrande maggioranza della popolazione congolese continua a opporsi e le discussioni a livello regionale sembrano per il momento in un vicolo cieco. Butembo, racconta un abitante al manifesto «si sta preparando con centinaia di giovani per organizzare una forte resistenza». Ma per il presidente Tshisekedi «ciò che sta accadendo oggi in Congo sono le doglie del parto di un nuovo Congo».

La gente dopo essere stata sfollata più volte ha persino smesso di fuggire. Molti sono nella boscaglia in preda alle malattie e alla fame, in attesa che la situazione evolva perché anche in Congo si possa morire quanto necessario, senza eccedere.