L’Albiceleste mostra il cartellino rosso a Israele
Calcio Lio Messi e le altre stelle della nazionale argentina rinunciano alla partita a Gerusalemme con Israele. Proteste rabbiose del governo Netanyahu. I palestinesi applaudono: «Israele deve organizzare e giocare a calcio solo all'interno di frontiere riconosciute».
Calcio Lio Messi e le altre stelle della nazionale argentina rinunciano alla partita a Gerusalemme con Israele. Proteste rabbiose del governo Netanyahu. I palestinesi applaudono: «Israele deve organizzare e giocare a calcio solo all'interno di frontiere riconosciute».
Doveva essere la ciliegina sulla torta delle celebrazioni a Gerusalemme dei 70 anni di Israele. E invece si è rivelata un terribile boomerang per il governo Netanyahu la decisione, anzi l’imposizione, della ministra dello sport Miri Regev di spostare da Haifa a Gerusalemme la sede dell’incontro di calcio amichevole tra Argentina e Israele. L’intento di Regev era quello di affermare il controllo israeliano su tutta Gerusalemme, usando come veicolo lo sport e la presenza del calciatore più grande del mondo, Leo Messi, e delle altre stelle argentine del pallone. Un po’ come era accaduto un mese fa con la partenza da Gerusalemme del Giro d’Italia e del fuoriclasse della bici Chris Froome. Ma la federcalcio argentina e l’Albiceleste non sono gli organizzatori italiani del Giro, che pur di intascare un bel po’ di milioni di dollari hanno ignorato le risoluzioni internazionali, le proteste dei palestinesi (e non solo) e hanno celebrato Gerusalemme capitale di Israele sulla scia delle dichiarazioni di Donald Trump, peraltro in anticipo di qualche giorno sul trasferimento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv nella città santa. Gli argentini le ragioni dei palestinesi le hanno ascoltate e per Israele è stata una doccia fredda, anzi gelata. Niente più amichevole, la partita è stata annullata per decisione di Buenos Aires.
Non è servita a nulla la telefonata fatta martedì notte dal premier Netanyahu al presidente argentino Macrì per sollecitarne l’intervento sulla federazione calcio argentina. Dovranno perciò chiedere il rimborso del biglietto i circa 30mila israeliani che già sognavano di assistere alle prodezze di Messi e compagni nello stadio della squadra del Betar Yerushalaim, criticata in patria e all’estero per razzismo e violenze e che si vanta di non aver mai messo sotto contratto un giocatore “arabo”, ossia un palestinese con passaporto israeliano. La reazione di alcuni esponenti governativi israeliani è stata rabbiosa contro argentini e palestinesi con l’uso di toni apocalittici e di riferimenti a “terrorismo” e ”antisemitismo”. «L’annullamento (della partita) è assurdo, legittima il terrorismo e la campagna (di boicottaggio di Israele) del Bds. Purtroppo abbiamo cavalli di Troia alla Knesset che sostengono il terrorismo», ha detto Regev riferendosi al deputato della Lista unita araba, Yusef Jabarin, che aveva chiesto alle autorità diplomatiche e alla federazione dell’Argentina di rinunciare alla partita a Gerusalemme, in ragione del suo status di città internazionale occupata. «È un peccato che l’elite calcistica argentina non sia stata in grado di resistere alla pressione di coloro che predicano l’odio verso Israele e il cui unico scopo è quello di distruggere Israele e violare il nostro diritto fondamentale di difenderci», ha scritto su twitter il ministro della difesa Avigdor Lieberman descrivendo una partita di calcio in una guerra per l’esistenza stessa dello Stato di Israele. Duri i commenti di altri esponenti della destra israeliana e del capo dello Stato Rivlin mentre l’opposizione laburista ha accusato la ministra dello sport di «incapacità» e di provocare con le sue decisioni «tusnami» diplomatici.
E infatti tutto è nato dalla decisione di Miri Regev di spostare la partita Gerusalemme. «Se la nazionale argentina avesse giocato ad Haifa non avremmo protestato – ha spiegato al manifesto un assistente di Jibril Rajoub, il presidente della federazione palestinese, raggiunto telefonicamente a Ramallah – gli israeliani hanno voluto politicizzare l’arrivo dei campioni argentini allo scopo di sostenere l’annessione di Gerusalemme a Israele sulla scia di quanto ha fatto Donald Trump, Noi non potevano accettarlo». Rajoub era intervenuto con forza. Qualche giorno fa aveva avvertito che «Milioni di appassionati palestinesi e arabi bruceranno la maglietta di Lionel Messi» in segno di protesta. Inoltre, scriveva ieri il quotidiano argentino Clarin, attivisti pro-Palestina, radunati all’esterno del campo di Barcellona, dove si stavano allenando i calciatori dell’Albiceleste, hanno chiesto a Messi di non giocare la partita in Israele e hanno mostrato magliette con il numero 10 macchiate con di sangue. «Non lavate l’immagine di Israele, non andate a giocare la partita!», hanno scandito. A Messi e altri giocatori argentini, sarebbero arrivate anche minacce. Alla fine è giunta la rinuncia argentina, accolta con grande favore da tutti i palestinesi. «Valori, morale e sport oggi si sono assicurati una vittoria – ha commentato Rajoub – mentre Israele ha ottenuto un cartellino rosso, affinché capisca che non ha il diritto di organizzare e giocare a calcio se non all’interno di frontiere riconosciute a livello internazionale».
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