Musica e rivoluzione: un binomio vincente anche il 25 aprile 1974, quando da Rádio Renascença si diffusero le note della canzone Grândola, Vila Morena di José Afonso, il segnale che in Portogallo dava l’avvio alle operazioni militari che avrebbero rovesciato la dittatura di Marcelo Caetano.

UN’INSURREZIONE popolare pacifica chiamata «Rivoluzione dei garofani» che focalizzò l’attenzione dei media internazionali, come si può vedere nella mostra L’alba che aspettavo. Portogallo, 25 aprile 1974. Immagini di una rivoluzione al Mattatoio di Roma (fino al 25 agosto), a cura di Alessandra Mauro con Contrasto (editore del catalogo), presentata dall’Ambasciata del Portogallo in Italia, Assessorato alla cultura di Roma Capitale e Azienda speciale Palaexpo con Camões, I. P. e Ministero della Cultura del Portogallo.

Filmati d’epoca della Rtp (Rádio e Televisão de Portugal), video e wallpaper con la ricostruzione di murales accompagnano il percorso espositivo di un centinaio di fotografie di autrici e autori internazionali che hanno documentato gli eventi restituendo con i loro scatti il coinvolgimento della popolazione civile, con le donne in prima linea: Paola Agosti, Sebastião Salgado, Guy Le Querrec, Ingeborg Lippman, Peter Collis. Tra i fotografi portoghesi Alfredo Cunha e Carlos Gil.

Una storia nella storia il reportage di Augusta Conchiglia realizzato nel ’68 con i partigiani del Movimento Popolare di Liberazione dell’Angola contro l’occupazione coloniale portoghese e, tornando al «verão quente», l’estate calda della rivoluzione le foto sia a colori che in bianco e nero di Fausto Giaccone dedicate alla riforma agraria.

IL FOTOGRAFO ITALIANO, memore anche delle letture di Una terra chiamata Alentejo di Saramago, è testimone di questa fase radicale dell’insurrezione che nell’agosto ’75 ebbe come punto focale il paesino di Couço nel comune di Ribatejo (al reportage è dedicato il libro Portugal 1975, Postcart Edizioni 2024).

«All’occupazione dei latifondi ci sono arrivato sull’onda delle mie fantasie, letture e riflessioni partendo dall’occupazione nel dopoguerra delle terre nell’Italia del Sud», ricorda Giaccone che il 31 agosto 1975 ha vissuto dall’interno (insieme alla compagna di allora Marina Criscuolo) tutte le fasi dell’occupazione delle terre, dai preparativi nel cinema Imperio con la gente che preparava gli striscioni, alla partenza all’alba in Rua de Angola «con una lunga fila di trattori con il rimorchio su cui c’erano intere famiglie come se partissero per un picnic. Ho fotografato quella partenza con donne, bambini, uomini con le belle borse di paglia intrecciata tipiche dell’Alentejo. Erano tutti allegri. In quella situazione corale feci una serie di ritratti di gruppo.»

Quando i trattori entravano nelle terre abbandonate per occuparle si ripeteva una specie di rito «il capitano del Movimento das Forças Armadas chiedeva al sindacalista, o al capo della cooperativa, il motivo per cui volevano occupare le terre, poi ratificava l’occupazione. Ho visto uscir fuori dell’humor e un atteggiamento scherzoso tra il capitano e i braccianti!»