Dall’accordo sul grano all’attacco sul grano in meno di 24 ore. Difficile a credersi, il giorno dopo l’intesa che doveva evitare la fame nel mondo, liberando dalla trappola della guerra ucraina 20-25 tonnellate di grano e suoi derivati. Eppure i missili russi piovono proprio sull’area portuale di Odessa, che ospita i silos in cui quel grano aspetta di essere imbarcato in diretta mondiale.

DEI QUATTRO “KALIBR” giunti dalla Crimea ieri mattina sui cieli della città, due sono stati intercettati dall’antiaerea ucraina e gli altri due – secondo le autorità regionali – hanno colpito una struttura adibita alla lavorazione dei cereali. «Sono caduti sulla zona in cui avvengono i processi di spedizione e dove ovviamente c’era del grano», ha aggiunto il portavoce dell’esercito ucraino Yuri Ignat. Poco dopo la sua omologa del Comando Sud, Natalia Humeniuk, precisava che «l’attacco non ha causato danni significativi alle infrastrutture portuali», ma invitava anche a riflettere sul fatto che i missili Kalibr lanciati su Odessa «sono molto costosi e vengono considerati ad alta precisione, si è trattato di un’azione deliberata». Per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky quanto accaduto «dimostra solo una cosa: qualunque cosa la Russia dica e prometta, troverà sempre il modo di non rispettarla».

LA RUSSIA SU QUESTO DICE e soprattutto non dice. Non si è potuto parlare di “covo di nazionalisti” come il giorno prima per i missili piombati su una scuola di Kramatorsk. Semplicemente il Cremlino sembra negare la paternità dell’attacco. Solo lo fa attraverso la Turchia, garante dell’accordo e mediatrice a questo punto anche nelle comunicazioni tra Mosca e il resto del mondo. Per interposta persona, come la firma sul grano. In ansia per le notizie provenienti da Odessa, il ministro degli Esteri turco Hulusi Akar ieri avrebbe chiamato sia Kiev che Mosca. «I russi – ha poi dichiarato – ci dicono che non hanno assolutamente nulla a che fare con questo attacco e che stanno esaminando la questione nel dettaglio».

Un po’ poco per evitare la sequela di reazioni sdegnate e i dubbi sulle sorti dell’intesa appena siglata a Istanbul. C’è l’ovvia e «inequivocabile condanna» del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres che sulla vicenda ci ha messo la faccia e secondo il quale l’applicazione integrale dell’accordo resta «un imperativo».

PER IL CAPO DELLA DIPLOMAZIA Ue Josep Borell è la conferma del «disprezzo da parte della Federazione Russa del diritto internazionale e degli impegni presi». Di «schiaffo di Putin all’Onu e alla Turchia che hanno compiuto enormi sforzi per giungere a un accordo» ha parlato il portavoce del ministero degli Esteri di Kiev, Oleg Nikolenko. «Se non verrà rispettato – ha aggiunto – la Russia avrà la responsabilità di una crisi alimentare mondiale».

AL DI LÀ DEI MISSILI SU ODESSA c’erano comunque già abbastanza motivi, all’indomani di una firma che aveva generato inedite e forse eccessive speranze diplomatiche, per non dimenticare che la guerra in Ucraina continua come e più di prima. Ieri gli ucraini hanno rivendicato la distruzione del ponte Daryivskyi sul fiume Ingulets ,nella regione occupata di Kherson, importante linea di rifornimento per le truppe russe. Tramite Tass le autorità occupanti fanno sapere che sì, il ponte è stato colpito con il sistema di lancio a lunga gittata HiMars fornito dagli Usa. Ma che è ancora in piedi.

Il ministero della Difesa russo invece esulta invece per i danni inferti dall’artiglieria «alle posizioni del Secondo battaglione della 14ma Brigata motorizzata ucraina, formazione neonazista del Donbass, a Verkhnekamenskoye… Oltre 60 dei suoi membri, la metà circa del totale, sono stati uccisi». Dagli Usa è arrivata invece la conferma della morte di altri due cittadini americani nel Donbass. Il Dipartimento di stato non ha fornito dettagli «per rispetto delle famiglie».

IN REALTÀ L’AVANZATA RUSSA via terra sembra ancora esitare. A differenza delle nuove autorità filorusse insediate nella regione di Zaporizhzhia, che vanno spedite al dunque: Evgenij Balitsky, governatore dell’oblast che include – tra l’altro, o soprattutto – la centrale nucleare più grande d’Europa, ha firmato il decreto per insediare ufficialmente la commissione elettorale che a suo dire già in autunno gestirà il referendum per l’annessione alla Federazione russa.