Internazionale

L’Accademia russa delle scienze come un think thank di Putin

L’Accademia russa delle scienze come un think thank di PutinAlexander Sergeev, presidente uscente dell'Accademia, con Putin nel 2018 – Ap

Populismo scientifico e guerra Gennady Krasnikov, ex capo di Micron, è il nuovo presidente dell'istituzione fondata da Pietro il Grande e che grande lo fu ai tempi dell'Urss. La promessa impossibile di «sostituire le importazioni con tecnologie nostre», la più amata dal Cremlino

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 26 settembre 2022

L’Accademia russa delle scienze (Ras) ha eletto di recente, per la prima volta nella sua storia, un presidente che non rappresenta esattamente la ricerca accademica. Gennady Krasnikov è un manager industriale, più che un ricercatore, con un dottorato in scienze tecnologiche. Ha un profilo scientifico molto mediocre, ma dal 1991 ha diretto l’iconica fabbrica di microelettronica Mikron (che all’epoca aveva in piedi anche una joint venture con l’italo-francese STMicroelectronics).

ORA KRASNIKOV PROMETTE più integrazione tra scienza fondamentale e industria, un maggiore ruolo della Ras che diventerebbe come un think tank dello Stato e la «sostituzione delle importazioni con tecnologie nostre», tema molto amato dal governo. Affermazioni che in sé sarebbero sensate, se dimentichiamo che viviamo nel 2022 e che la Russia è tagliata fuori dalla fornitura della gran parte di apparecchiature scientifiche, reagenti, componenti di cui avrebbe bisogno. Krasnikov non può non sapere che senza la fornitura di apparecchi litografici dall’estero la produzione di microchip in Russia è impossibile. Alla luce di ciò le dichiarazioni sulla «finestra di opportunità» sembrano solo populismo buono per il particolare momento storico.

L’ACCADEMIA RUSSA DELLE SCIENZE è stata fondata quasi 300 anni fa da Pietro il Grande sull’esempio delle accademie europee, ma ha raggiunto il suo massimo splendore all’epoca dell’Urss. Dalla bomba atomica allo Sputnik e al volo di Gagarin, con 10 premi Nobel all’attivo, la ricerca che era la gloria dello stato sovietico si concentrava principalmente nell’Accademia.

Al contrario delle accademie del mondo anglo-sassone, quella sovietica non era un “club di grandi menti”, ma un sistema che univa gli istituti di ricerca in tutto il paese, un po’ come il Cnr in Italia. I ricercatori sovietici pubblicavano i loro risultati (non senza censure) sulle riviste scientifiche internazionali e partecipavano alle conferenze all’estero. Avevano stipendi e una qualità della vita inaccessibili per un medio cittadino sovietico. I presidenti dell’Accademia poi erano persone di spessore scientifico universale: il matematico e padre del volo spaziale Mstislav Keldysh, il chimico Alexander Nesmeyanov, i fisici Sergei Vavilov e Anatoly Alexandrov.

La perestrojka ha confuso le carte. Non c’erano più i finanziamenti, i ricercatori sono emigrati a migliaia e la scienza non è stata più fra le priorita dello stato. Sotto i governi di Putin, dal 2000, le libertà accademiche sono state tolte un passo dopo l’altro, assieme con lo smantellamento generale delle istituzioni di democrazia e autoamministrazione.

NEL 1991 LA CARICA DI PRESIDENTE è andata a Yuri Osipov, un matematico, i cui risultati sono modesti anche per gli standard russi. A parte le lamentele per la mancanza di denaro e la fuga di cervelli, sarà ricordato per l’uso della vasta proprietà immobiliare della Ras per arricchirsi. Nel 2013, piuttosto inaspettatamente, è stato eletto Vladimir Fortov, candidato oggettivamente forte, grande scienziato e amministratore capace. Aveva un programma veramente riformista che avrebbe potuto rilanciare l’Accademia, ma il il governo non vedeva più l’istituto come parte principale della ricerca e del policy-making, essendo interessato più allo sviluppo della ricerca nelle università e alla crescita dell’Istituto Kurchatov, gestito da Mikhail Kovalchuk, fratello maggiore del banchiere amico di Putin, Yuri Kovalchuk.

Subito dopo l’elezione di Fortov, il governo ha messo gli istituti dell’Accademia sotto il diretto controllo del ministero della Scienza e dell’Educazione, trasformandola in un «club di scienziati» con lo stipendio garantito dallo stato e un ruolo pubblico molto formale.

Per le elezioni del 2017 Fortov non si è neanche candidato. In più, il governo ha usato il suo diritto di veto sulla candidatura dell’accademico Alexei Khokhlov, allora vicerettore dell’Università statale di Mosca, scienziato riconosciuto a livello internazionale e favorito indiscusso. Sostenuto da Khokhlov, ha vinto alla fine l’accademico Alexander Sergeev, il quale però si è rivelato un presidente piuttosto debole, che ha chiuso il suo mandato con una posizione molto conformista riguardo la guerra in Ucraina. Quando ha rinunciato alla sua candidatura, il 19 settembre del 2022, un giorno prima delle elezioni, non è stata una grande sorpresa.

COSÌ È DIVENTATO PRESIDENTE Gennady Krasnikov. Ma il vero futuro dell’Accademia russa delle scienze non è affatto nelle sue mani, perché dal febbraio 2022 decide tutto la guerra. In fin dei conti, i ricercatori maschi sono cittadini comuni che dopo il decreto del 21 settembre saranno chiamati a servire nell’esercito, se non scappano prima all’estero o se non si nascondono. Non è un clima in cui si può parlare di sviluppo scientifico.

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