Qualcuno, riferendosi alla premiazione del mondiale di calcio, ha detto: «Ma chi ha messo quella zanzariera sulle spalle di Messi?». Prima di alzare la coppa al cielo, il campione argentino è stato fermato dall’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani che, con mano gentile ma ferma, gli ha fatto indossare un bishit.
Il bisht non è una zanzariera, anche se la può sembrare agli occhi di alcuni abitanti della pianura padana abituati a lottare con i fastidiosissimi insetti lì chiamati sansòss, ma un raffinatissimo mantello nato in Persia e poi adottato come capo di abbigliamento maschile nei Paesi del Golfo per cerimonie o per marcare il proprio status, e infatti anche l’emiro del Qatar ne indossava uno mentre vestiva l’interdetto Messi.
Il bisht, quindi, tutto è tranne uno straccetto, anzi è un simbolo di distinzione tant’è che, come in tutte le cose che ci si mette addosso, può valere pochi o tantissimi euro, dipende dal tessuto, dal taglio, dalla fattura sartoriale o industriale, dai ricami che possono essere d’oro o d’argento, imitati o veri. Il modello Hasawi, per dire, può costare fino a oltre cinquemila euro perché tessuto con pelo di cammello o di lama o lana di capra e ha ricami d’oro puro su colletto e maniche. Non credo che molte zanzariere siano fatte così.

LA VESTIZIONE compiuta dall’emiro qatariota sulle spalle del felice, infangato e sudato Messi ha un simbolico che va oltre l’omaggio al vincitore, perché contiene un messaggio presente e a futura memoria, è come un marchio di potere sul mondiale, un’operazione di marketing abile e neanche tanto sottile. Nel presente ribadisce che il Qatar ha messo le mani non solo su questa competizione, ma anche sul calcio occidentale e infatti l’emirato è proprietario del Paris Saint Germain, squadra francese dove giocano, guarda caso, sia Messi che il vinto Mbappé. Nel futuro, ogni volta che si vedrà la foto di questa premiazione non si potrà non associarla ai mondiali in Qatar. Ècome se Angela Merkel avesse messo in mano a Cannavaro, quando l’Italia vinse nel 2006, che so, un würstel, o Putin avesse piazzato in testa a Hugo Lloris, nel 2018, un colbacco, o Dilma Rousseff avesse incoronato il tedesco Philipp Lahm, nel 2014, con un copricapo di piume variopinte. Nel futuro, ogni volta che si vedrà la foto di questa premiazione non si potrà non associarla ai mondiali in Qatar.

Poteva Messi rifiutarsi di indossare il bishit? Si, se avesse avuto con lo spirito la stessa prontezza dei piedi. Di sicuro avrebbe potuto toglierselo prima di alzare la coppa, non foss’altro perché la finale l’ha vinta l’Argentina, mica l’emiro del Qatar, e così gli resterà per sempre sulle spalle quella zanzariera costosa, a coprire la maglia.

IL GESTO di pessimo gusto di cui invece l’emiro non ha alcuna colpa è quello del portiere dell’albiceleste, Emiliano Martinez, che quando ha ricevuto il premio come miglior paratore del torneo, un’orrenda mano dorata e gigante, se l’è messa sull’inguine a mimare un pene con annessa erezione ipertrofica. Ma porca miseria, avete vinto una finale combattuta e bellissima all’ultimo rigore, hai parato palloni difficili, sei sul tetto del mondo del calcio, e celebri tutto ciò con quell’esibizione priapica tipo Io ce l’ho più grosso di tutti? È quella lì la tua massima espressione di giubilo?
Siccome ho un’inguaribile simpatia per i perdenti, a quel punto ho guardato Mbappé, che era tristissimo, perché non capita a tutti di perdere dopo aver segnato tre gol, e ho pensato che gli è andata bene. Lui, almeno, non ha dovuto vedersela con la zanzariera, molto più subdola di un pallone, perché la palla va dove la tiri, la zanzariera ti avvolge, e poi non sai come può andare a finire.

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