In tribuna allo stadio Al Rayyan di Doha per la partita vinta dall’Iran (2-0) sul Galles c’era anche Mahsa Amini. C’era il suo nome sul retro di una maglia della nazionale della Repubblica islamica mostrata da una tifosa, truccata con le lacrime rosse che scendevano dagli occhi, con una diadema sui folti capelli rossi e un cuore verde-bianco-rosso in fronte, con la scritta Iran. La maglia portava il numero 22, gli anni di Mahsa, barbaramente uccisa dalla polizia dopo l’arresto per l’hijab che non avrebbe coperto tutto il capo.
LA MAGLIETTA È SPARITA presto, per l’ intervento della polizia qatariota. Ma si è fatto in tempo ad ammirarla in tv e a scattarle delle foto all’interno dello stadio. Una delle tante istantanee del pomeriggio iraniano a Doha, culminato con la storica vittoria sui gallesi maturata nel finale, con due gol segnati nei minuti di recupero.

Sugli spalti è stata sequestrata anche una maglia con la scritta «Woman Life Freedom». mentre non hanno oltrepassato i cancelli d’ingresso dello stadio bandiere, magliette e altri oggetti che sostenevano la rivolta in corso in Iran o attaccavano il governo di Teheran per la brutale repressione delle proteste. Fuori dallo stadio ci sono stati anche scontri tra i tifosi iraniani delle due “sponde”: i filogovernativi non hanno preso bene le manifestazioni contro gli ayatollah di questi giorni. Durante l’esecuzione dell’inno prima della partita di ieri sono partiti anche dei fischi.
IN CAMPO, gli eroi che qualche giorno prima avevano avuto il coraggio di boicottare l’inno nazionale prima della gara con l’Inghilterra, un gesto da copertina che ha fatto il giro del mondo, stavolta si sono dovuti astenere dal bis. Alcuni media di opposizione hanno riferito di forti pressioni del governo di Teheran. Secondo Maziar Bahari, fondatore del portale d’informazione Iran Wire, i calciatori «sono stati costretti a farlo».

Un giornale conservatore, Kayhan, li aveva definiti «traditori». E soprattutto poche ore prima in Iran era stato arrestato Voria Ghafouri, 35 anni, ex nazionale, accusato di «propaganda contro lo stato» per le prese di posizione contro la repressione. Da anni Ghafouri si è apertamente schierato contro il regime, fino a essere ritenuto un simbolo dell’opposizione iraniana.
I calciatori hanno cantato sottovoce, alcuni accennando solo le parole dell’inno. Sugli spalti, in molti, uomini e donne, piangevano. Il presidente iraniano Ebrahim Raisi, che aveva ricevuto la squadra prima della partenza per il Qatar, ieri si è complimentato per il successo sul Galles, ringraziando gli atleti per «aver riportato al popolo la dolcezza della vittoria».

IN IRAN INTANTO l’accesso delle donne allo stadio non è stato consentito fino allo scorso agosto, quando su pressione della Fifa è stato permesso a 500 donne di assistere a una partita del campionato iraniano, per la prima volta dalla rivoluzione del 1979. L’unica eccezione c’era stata tre anni fa, proprio per una partita di qualificazione della nazionale alla Coppa del Mondo. Le autorità decisero di cedere dopo la morte (mentre era in attesa di processo) della 29enne Sahar Khodayari, che si diede fuoco. Era accusata di aver cercato di entrare in uno stadio vestita da uomo. Khodayari fu ribattezzata “Blue Girl”, diventando un simbolo per i diritti delle donne in Iran.