La «via della coca» nella trama mondiale del narcotraffico
Venezia 76 Presentata fuori concorso «ZeroZeroZero», la serie tv di Stefano Sollima tratta dal libro di Roberto Saviano
Venezia 76 Presentata fuori concorso «ZeroZeroZero», la serie tv di Stefano Sollima tratta dal libro di Roberto Saviano
ZeroZeroZero aveva all’origine una scommessa: tradurre in formato serie tv il libro di Saviano (Feltrinelli) sull’impero del narcotraffico, dai cartelli sudamericani al resto del mondo, Italia in prima linea, attraverso gli accordi ferrei tra ’ndranghete e mafie varie. Una rete in cui tutti sono coinvolti, politici, imprenditori, poliziotti: «La coca la sta usando chi è seduto accanto a te ora in treno e l’ha presa per svegliarti stamattina … Fa uso di coca chi ti è più vicino …» ineluttabile come il fato delle tragedie greche, soldi e potere, binomio primigenio del mondo.
Eccoci dunque nell’Aspromonte di capre e rifugi raffinatissimi quel binomio di sangue arcaico e nuove tecnologie del crimine già in Anime nere di Munzi. Nel Messico di miliardi e miseria, dei poveracci che tagliano la coca e rischiano la vita, del lusso strafottente delle ville dei narcotrafficanti, quelli in «alto», tra le cene di affari armate come un bunker, l’esercito che combatte i cartelli con gli stessi metodi, avidi di denaro, corrotto e corruttibili, senza scrupoli, e il resto del mondo, «pulito» e raffinato complice nell’iperspazio della finanza.
MA STEFANO SOLLIMA che firma la regia di ZeroZeroZero – otto puntate su Sky Atlantic nel 2020 – di cui al Lido, dove è arrivato anche Saviano, sono stati proposti i primi due episodi, The Shipment e Tampico Skies, è un regista che il «genere» sa usarlo al meglio per decostruirlo con deotur (Soldado) e dall’interno (Gomorra) mantenendo il controllo di stile anche in una produzione globale come questa: set diviso tra America, Europa, Africa su cui si sono alternati Andrea Risebourough (Birdman), Gabriel Byrne, Dane DeHaan, Giuseppe De Domenico, Francesco Colella tra gli altri, e che oltre Sollima ha poi incluso altri due registi «di genere» come Pablo Trapero (con Il clan Leone d’oro alla regia nel 2015) e Janus Metz (Borg McEnroe).
La sua «via della coca» è punteggiata da i riferimenti riconoscibili di un immaginario «popolare» che la regia muove, spiazza, rende mobili, nervosi, funzionali, col gusto di usare ogni codice possibile.
SEGUENDO una storyline – con Sollima hanno lavorato Leonardo Fasoli e Mauricio Katz – di vicende private, scontri familiari, lotte padri-figli, eredità inattese nella trama mondiale del narcotraffico lavora sul fraseggio del ritmo, va avanti e indietro nel tempo., frammenta i punti di vista dispiegando un «prologo»perfetto al viaggio del container di coca in cui le diverse parti coinvolte è un campo di forza nel gioco «reale» del nostro mondo. Dissemina piste, mischia i generi, accumula possibilità e ambizioni: una sfida seriale.
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