George Miller aveva descritto Fury Road, il quarto installment della saga dei Mad Max, presentato a Cannes nel 2015, come «un documentario antropologico». Furiosa, il prequel di Fury Road, e origin story della magnifica imperatrice senza un braccio interpretata da Charlize Theron, pure nella barocca tradizione dell’universo postatomico di sabbia e ottani ideato dal regista australiano, e nella spettacolarità di alcune sequenze (una in particolare, che dura 15 minuti) è un film d’azione molto più convenzionale, scritto. Meno mistero, meno tempi ipnotici, meno silenzi, niente «Max» ed è quasi assente anche il messaggio ecologico, a favore di un racconto lineare, che inizia in cima a un albero (il verde un colore generalmente bandito dai Mad Max) dove la mano protesa di una bambina afferra un mela rossa. Miller ama il mito, e dal gesto proibito di questa Eva in miniatura si scatena la catastrofe. A nove anni da «Fury Road», Miller torna nell’apocalittico deserto motorizzato

DALLA POSTAZIONE, la piccola Furiosa avvista infatti una gang di bruti mascherati. Invece di scappare a gambe levate, dice a sua sorella di nascondersi e aspettarla mentre lei -un genio della meccanica già a pochi anni- sabota le loro moto, tagliando i tubi della benzina.
Sorpresa, Furiosa viene catturata dai poco di buono e, allertate da un fischietto, la madre e alcune guerriere del paradiso silvano in cui sembrano abitare, si buttano, a cavallo, sulle tracce della posse motorizzata in fuga verso nel deserto. Il loro eroismo, purtroppo non basta e Furiosa – adottata suo malgrado da una gang di banditi dopo l’altra – passerà il resto del film a cercare di tornare a casa e di vendicarsi dell’uomo che ha ucciso sua madre, Dementus (Chris Hemsworth, che, per evitare confusioni con Thor, sfoggia un enorme naso finto). Fedele allo spirito femminista di Fury Road, e imprimendo al film un’ombra di commedia, Miller non dà molte chance al genere maschile.

OLTRE A DEMENTUS, abbiamo un Rectus e uno Scrotus ( figli stupidi del tiranno Immortan). Si salva in parte il camionista mercenario Pretorian Jack (Tom Burke), ma muore in fretta. Furiosa, non può che essere un solo show. Anya Taylor Joy si cala nel personaggio coniato da Theron con energia, determinazione e un sacco di spigoli. Forse perché è più giovane, le manca la gravitas, la qualità mitica, dolorosa che aleggiava intorno alla Furiosa di Fury Road. Da parte sua, Miller sembra più concentrato sulle scene di combattimento/inseguimento, sempre più iperboliche e arditamente coreografate, anche se il film – che ha una strana qualità accelerata- patisce del cambio di direttore di fotografia (da John Seale a Simon Duggan) e di un aumento della presenza del Cgi. Dieci anni fa, il regista si era detto orgoglioso, in Fury Road , di aver limitato il più possibile gli effetti digitali. Come il film, anche l’ immagine di Furiosa risulta meno materica, pregnante. Meno profonda.