La variante religiosa del Brasile
Covid-19 «Dio è la cura». Tra le insidie che il vaccino deve superare nel Paese del negazionista Bolsonaro c’è l’ostracismo "mediatico" delle potenti chiese evangeliche e dei cattolici anti-Bergoglio
Covid-19 «Dio è la cura». Tra le insidie che il vaccino deve superare nel Paese del negazionista Bolsonaro c’è l’ostracismo "mediatico" delle potenti chiese evangeliche e dei cattolici anti-Bergoglio
Vaccinare la popolazione brasiliana contro il Covid-19 è un’impresa colossale, che affronta i tipici ostacoli logistici di un paese di estensione continentale, nonché i tanti ritardi e rifiuti del governo Bolsonaro. Qualche settimana fa, sulla stampa brasiliana, è emerso un ulteriore e potente impedimento: la campagna di disinformazione, panico e fake news diffusa da certi gruppi fondamentalisti religiosi.
In un Paese dove oltre 543mila persone sono morte per il Covid-19 (e dove un terzo della popolazione si dichiara evangelica), un sondaggio dell’Istituto Datafolha effettuato a maggio mostra che solo il 20% degli evangelici ha dichiarato di essersi vaccinato, contro il 31% dei cattolici e il 25% della media nazionale al momento dell’indagine (attualmente il 33,21% dei brasiliani ha già ricevuto la prima dose e l’11,95% è totalmente immunizzato). L’esitazione di questa parte della popolazione a farsi vaccinare è stata attribuita da molti esperti all’influenza dei leader religiosi.
NEI PRIMI MESI della pandemia, molte personalità pubbliche religiose (oltre allo stesso presidente Jair Bolsonaro) hanno screditato pubblicamente la gravità del fenomeno pandemico, definendo il Covid-19 una «piccola influenza» e utilizzando il termine «corona-dubbio» coniato dal pastore evangelico Edir Macedo, capo della Igreja Universal do Reino de Deus, una delle più grandi del Brasile. Come antidoto, ha detto Macedo sui suoi canali social, dovrebbe prevalere solo la «corona-fede»: Dio è la cura.
Discorsi del genere si sono modificati nel corso dei mesi. Ora, il tono è di obiezione al vaccino, critica all’isolamento sociale e alla chiusura dei templi e difesa del cosiddetto trattamento precoce, un cocktail di farmaci che comprende idrossiclorochina, azitromicina, ivermectina e nitazoxanide, oltre agli integratori vitaminici. L’uso del cocktail, la cui efficacia non è riconosciuta né scientificamente provata, è stato caldeggiato da Bolsonaro sin dall’inizio della pandemia ed è sostenuto anche da Macedo e da un altro noto leader evangelico, Silas Malafaia, capo della chiesa Assembleia de Deus Vitória em Cristo.
Secondo la ricercatrice e docente di sociologia all’Università Federale Fluminense (Uff), Cristina Vital, nei discorsi che negano la scienza e i rischi del coronavirus si inseriscono diversi elementi. «In certi gruppi fondamentalisti si pensa che la modernità sia un segno della fine dei tempi, del ritorno di Cristo. Ogni volta che si verificano fenomeni come una pandemia, vengono letti come parte di questo scenario», dice. Dall’altro c’è una motivazione economica: le più grandi chiese evangeliche del Brasile sono anche grandi conglomerati mediatici e movimentano milioni di reais, pagati dalla decima dei fedeli. «Molti di loro sono pastori e imprenditori. Hanno case editrici, canali televisivi e radio. La chiusura delle chiese minaccia questa struttura, il cui mantenimento ha un costo enorme», osserva Vital.
IL DISCORSO DELLA NEGAZIONE, tuttavia, non è esclusivo dei gruppi evangelici. Un canale YouTube della tv Nossa Senhora de Fátima, che non riconosce papa Francesco, afferma che l’attuale Chiesa è «consacrata al diavolo». Con 200mila follower, il canale passa un’enorme quantità di video presentati dal “Professore” Emílio. Secondo lui «nelle chiese bergogliane l’ostia ha il vaccino dentro».
Nel gennaio di quest’anno, il prete Elenildo Pereira, i cui servizi vengono trasmessi in tutto il Brasile sul canale televisivo cattolico Canção Nova, ha predicato contro l’uso del vaccino durante una messa. «Finché il vaccino non supererà tutti i test possibili non lo accetterò. Dopotutto, come questo prodotto mette a rischio la vita delle persone?».
Predicazioni come queste sono state respinte dalla Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb) e da realtà come i collettivi Padres da Caminhada e Padres contra Fascismo, che hanno diffuso una lettera chiedendo alle autorità cattoliche di agire. Secondo il prete Geraldino Proença, membro di uno dei collettivi, alcuni sacerdoti «difendono l’attuale presidente e negano la storia, la scienza. Erano contrari alla chiusura delle chiese e favorevoli alla creazione dell’immunità di gregge. Fanno eco al discorso di Bolsonaro nelle loro omelie», riassume.
La negazione della scienza, secondo Rodrigo Coppe, storico e professore di Scienza della religione alla Pontificia universidade católica (Puc) del Minas Gerais, è un aspetto delle cosiddette guerre culturali, fenomeno che si è verificato negli Stati uniti dagli anni Sessanta in poi e che ha anche attecchito in Brasile. «Quando gruppi come i neri, le donne e la popolazione Lgbt+ iniziano a lottare per espandere i propri diritti civili, un altro segmento reagisce negativamente», spiega.
IN BRASILE, QUESTA ONDATA è stata particolarmente forte dopo le manifestazioni del 2013, che inizialmente chiedevano una riduzione del prezzo del trasporto pubblico «ma che hanno presto rivelato l’impennata di un conservatorismo morale e sociale» che spesso si collega ai discorsi estremisti religiosi, osserva Coppe.
Inoltre, i dubbi generati dalla diffusione di fake news si rafforzano con la posizione del presidente, avverte la ricercatrice Vital. Ricorda che, all’inizio della pandemia, c’è stata una significativa sospensione delle attività e che, dopo i vari pronunciamenti di Bolsonaro contro l’isolamento sociale, il numero di casi e di morti è cresciuto in modo esponenziale. «Dopo un anno di pandemia, le persone sono ancora più resistenti all’adozione di misure protettive. Il fatto che Bolsonaro sia contrario all’isolamento, che non indossi la mascherina, è in gran parte responsabile di questi dubbi sui vaccini e della scarsa pratica di prevenzione del contagio», conclude.
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