Né all’Eliseo né a Bruxelles nessuno rimpiangerà Boris Johnson. A Parigi, sperano che l’uscita sia il più veloce possibile, per poter tornare «all’entente cordiale» con Londra. La Ue ha ribadito ieri che «il nostro obiettivo è cercare delle soluzioni rispetto all’attuazione del Protocollo» dell’Irlanda del Nord, «è tutto» e «non cambia».

La Ue ha l’intenzione di rilanciare la procedura di infrazione contro la Gran Bretagna, avviata nel 2021 in conseguenza della «decisione unilaterale» del governo di Boris Johnson di prolungare il periodo di grazia senza controlli doganali nel Mar d’Irlanda. Adesso, malgrado la mano tesa di Bruxelles che nell’ottobre del 2021 aveva proposto degli alleggerimenti al Procollo, la situazione si è aggravata con il Northern Ireland Protocol Bill, un progetto di legge del governo britannico del 13 giugno scorso, che di nuovo rimette in causa unilateralmente lo statuto doganale, in violazione del Protocollo: prevede di alleggerire drasticamente i controlli doganali, di sopprimerli del tutto sulle merci britanniche destinate all’Irlanda del Nord (e di limitarli alle sole merci destinate a passare nell’Eire), di eliminare il ruolo di supervisione della Corte di Giustizia della Ue. Inoltre, il Bill dà ai ministri britannici la possibilità di modificare le norme su tutto, dall’Iva agli aiuti di stato. Per la Ue il Bill è «una violazione di un accordo internazionale».

Per il ministro degli Esteri irlandese, Simon Coveney, «viola gli impegni della Gran Bretagna rispetto al diritto internazionale», per il vice-presidente della Commissione, Maros Sefcovic, è «un’azione unilaterale che mina la fiducia reciproca».

Il clima tra Bruxelles e Londra è teso da mesi, la Ue rimprovera la Gran Bretagna di non dare le informazioni richieste sui dati dei prodotti che passano la dogana nel Mar d’Irlanda. Per Bruxelles l’applicazione del Protocollo è «indispensabile» per poter attuare l’accordo commerciale e di cooperazione tra Ue e Londra di fine 2020. Con la caduta di Johnson, «abbiamo l’opportunità di tornare al vero spirito di partnership e di mutuo rispetto di cui abbiamo bisogno», ha commentato ieri il primo ministro irlandese, Micheal Martin. Anche a Londra a giugno si sono levate voci contro il Bill, per esempio secondo Chris Patten, ex presidente dei Tories, era «una follia completa».

La grande promessa del Brexit non è stata mantenuta. Secondo un ultimo sondaggio, oggi il 58% dei britannici pensa che il Brexit sia stato uno sbaglio. Il referendum del 23 giugno 2016 era stato vinto con il 51,89% dei voti “leave”. L’uscita vera e propria della Gran Bretagna dalla Ue è avvenuta il 31 gennaio 2020, dopo anni di negoziato con Bruxelles. Il Protocollo nord-irlandese prevede che l’Irlanda del Nord resti nel mercato unico, pur facendo parte del Regno unito (di qui la dogana nel Mar d’Irlanda).

Gli economisti sono d’accordo nel giudicare il Brexit un cattivo affare per Londra: l’Ocse rileva che il tasso di crescita della Gran Bretagna è il più basso del G20 (Russia esclusa) e che l’uscita dalla Ue è già costata almeno 4 punti di pil. L’inflazione è all’11%, 2,9 punti dipendono dal Brexit. Il commercio, che resta importante con la Ue per la Gran Bretagna, è al di sotto di più del 15% rispetto a quello che avrebbe potuto essere senza Brexit. Bloomberg ha calcolato che tra il 2016 e il 2020 il Brexit è costato a Londra 200 miliardi di sterline, cioè più di quanto sia costata alla Gran Bretagna la partecipazione al budget Ue dall’adesione, per 47 anni.