Ufficialmente l’Italia e gli altri paesi che affacciano sul Mediterraneo esprimono apprezzamento per il lavoro svolto finora dalla presidenza Ue ma chiedono uno sforzo ulteriore per raggiungere «soluzioni che siano effettive e sostenibili». Il linguaggio felpato della diplomazia non riesce però a nascondere fino in fondo le distanze ancora esistenti tra i 27 Stati sulle modifiche da apportare al nuovo patto su immigrazione asilo: «Su alcuni concetti occorre ancora trovare un compromesso», ammetteva ieri a Bruxelles un fonte diplomatica.

L’8 giugno, quando a Lussemburgo si vedranno i ministri dell’Interno, si capirà se il lavoro svolto finora dalla presidenza svedese, giunta ormai alla fine del suo semestre, potrà andare avanti o segnerà l’ennesimo stallo. La proposta messa a punto prevede una «solidarietà obbligatoria» tra gli Stati per quanto riguarda la presa in carico dei migranti in arrivo dal Mediterraneo, ma non si differenzia molto dalla «solidarietà flessibile» di cui negli anni passati si è discusso per mesi senza mai approdare a nulla di fatto.

La novità, se così sì vuole chiamare, consiste nel fatto che questa volta sono previste quote nazionali di migranti da distribuire tra i vari Stati, superate le quali i paesi che dovessero trovarsi in difficoltà per l’alto numero di sbarchi (tra i quali ovviamente l’Italia), potrebbero contare sulla solidarietà europea. Nessun obbligo di accoglienza, che avverrebbe solo su base volontaria, sostituita da contributi finanziari. Un passo in più è stato fatto ieri dalla Commissione Ue che ha reso nota una stima della cifra che i Paesi restii ad accogliere richiedenti asilo potrebbero dover pagare: 22 mila euro per ogni mancato ricollocamento. In alternativa dovrebbero favorir il rimpatrio di quanti sono stati dichiarati non ammissibili per l’asilo.

La proposta, però, non trova d’accordo Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Slovacchia che ritengono eccessiva la cifra ipotizzata, ma dubbi sarebbero stati espressi anche dal club Med5 di cui fanno parte Italia, Grecia, Malta, Cipro e Spagna che chiedono maggiori garanzie di non essere lasciati soli a gestire gli arrivi. Adesso il lavoro di mediazione consisterà nel cercare una via mediana tra una somma che, se troppo bassa, potrebbe rappresentare un incentivo a non accogliere, e somme troppo alte che difficilmente vedrebbero l’accordo dei paesi non di primo approdo. Nei giorni scorsi era stata la Polonia a rimarcare come per ogni rifugiato ucraino accolto il paese riceve 200 euro dai fondi europei mentre rischierebbe di pagarne 22 mila per ogni migrante respinto. Le distanze, come si vede, restano e sono grandi.