«Il disastro per Istanbul è questo disastro di legge». Davanti al municipio di Beyoglu, distretto centrale di Istanbul, a metà novembre uno sparuto sit-in ha contestato la nuova normativa in materia di rigenerazione urbana antisismica.

Pochi giorni prima prima il parlamento aveva votato un maxi emendamento alla legge n. 6306, ufficialmente «Legge sulla trasformazione delle aree a rischio», nota a tutti come legge sulla trasformazione urbana. Lo striscione degli attivisti di Beyoglu Kent Savunması (salvaguardia urbana di Beyoglu) riassume la questione: «La realtà del terremoto a Istanbul non può essere usata come giustificazione alla speculazione».

Decenni di urbanizzazione disordinata ed edilizia scadente in Turchia hanno prodotto città vulnerabili, come i catastrofici terremoti del febbraio 2023 hanno confermato. Si stima che il 66% del territorio nazionale, dove abita il 71% della popolazione, sia ad alto rischio sismico. Mettere in sicurezza le città implica la ricostruzione di 6,5 milioni di unità abitative, di cui 1,5 milioni solo a Istanbul, dove a detta degli esperti un terremoto di grande portata è imminente.

MA DALL’ENTRATA in vigore nel 2012, in seguito al terremoto di Van, con lo scopo dichiarato di facilitare la trasformazione delle aree urbane «a rischio, la legge 6306 ha soprattutto spalancato le porte della speculazione immobiliare. Permettendo a costruttori e amministrazioni di aggirare le tutele ambientali e del patrimonio culturale e l’opposizione dei residenti, la legge ha contribuito a pompare il settore delle costruzioni, centrale nel sistema di potere del presidente Erdogan.

Il sismologo Naci Görür, pur rimarcando l’urgenza della trasformazione urbana, ha criticato la legge, che a suo dire velocizza il rinnovamento edilizio, garantendo lauti guadagni ai costruttori, senza prescrivere un più ampio riassetto urbano che renderebbe le città a prova di sisma.

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L’applicazione distorta della legge ha dato la priorità ad aree ad alto potenziale speculativo su quelle ad elevato rischio sismico. Solo poco più di un quarto delle aree dichiarate «a rischio» dalle autorità a Istanbul corrisponde a quelle identificate nella mappatura del rischio sismico dell’Agenzia giapponese per la Cooperazione internazionale. Non a caso, molti dei perimetri identificati per la rigenerazione dal governo sono quartieri sorti informalmente, che oggi occupano terreni di grande valore.

La legge permette di dichiarare a rischio aree sorte senza autorizzazioni, anche se poi condonate, senza indagini geologiche o perizie statiche. Nonostante il boom edilizio nei vent’anni di governo dell’Akp (il partito di Erdogan) e i proclami trionfalistici, la «trasformazione urbana» di quartieri esistenti, soprattutto aree storiche decrepite ed ex baraccopoli regolarizzate, è stata rallentata dai conflitti tra costruttori e residenti, l’opposizione legale della società civile e la congiuntura macroeconomica via via più avversa. In particolare dal 2018 in poi, nel contesto di un’ampia crisi economica, il settore immobiliare è rimasto a galla grazie all’intervento pubblico.

Una delle proteste della rete Beyoglu Kent Savunması
Una delle proteste della rete Beyoglu Kent Savunması

Ora il governo punta a un salto di scala. La definizione di «Aree di riserva per nuova edificazione» di unità antisismiche, misura che ha già permesso la cementificazione di aree extra-urbane e grandi vuoti urbani, potrà ora applicarsi a aree residenziali, da radere al suolo e ricostruire.

Basterà l’assenso del 50%+1 dei proprietari (finora erano richiesti i due terzi), percentuale calcolata in base all’estensione della proprietà, con minaccia di esproprio per chi non approva. Il dimezzamento dei tempi per l’annuncio dei piani e la presentazione di ricorsi, entro tre settimane, ostacola l’opposizione per vie legali. Gli abitanti avranno 90 giorni per evacuare le abitazioni, a cui le autorità potranno tagliare le utenze e le forze dell’ordine potranno eseguire gli sfratti.

OLTRE ALLE SPESE di demolizione, ai proprietari verrà addebitato l’aumento di valore dell’immobile, che in un edificio malandato in una zona centrale di Istanbul aumenterà esponenzialmente in seguito alla «rigenerazione». Chi non può affrontare la spesa sarà costretto a indebitarsi con il governo, o a farsi versare il valore stimato dell’abitazione pre-trasformazione: una cifra con cui trovare una sistemazione in zona sarà impossibile, o forse solo in un edificio di livello più basso, potenzialmente a rischio sismico. Altrimenti, si vedrà trasferire la proprietà altrove, per esempio in un comprensorio di edilizia pubblica. Gli affittuari non vengono quasi presi in considerazione.

La Camera degli Architetti di Istanbul ha definito la riforma una «legge di spossessamento», che allontanerà i meno abbienti dai quartieri più centrali distribuendo al contempo il rischio antisismico lungo linee di classe. Il governo punta a catturare il rent gap esistente e impiegarlo, in parte per un’opera di ricostruzione antisismica in cui la sicurezza, più che un diritto, è un asset economico.

Il giornalista Bahadir Özgür fa notare che Istanbul è un’anomalia nel panorama delle metropoli europee, perché ha ancora un centro popolato da classi medie e basse. Una massiccia opera di gentrificazione pilotata dall’alto, più che un rischio latente, è il vero scopo della riforma.

L’attuazione della legge è stata affidata al Direttorato per la Trasformazione urbana, un nuovo ente in seno al ministero dell’urbanizzazione dotato di ampi poteri e un proprio budget e che si prevede diventerà presto il più grande proprietario immobiliare del Paese. Il governo potrà dunque scavalcare il parlamento e soprattutto le amministrazioni locali in materia di urbanistica, esigenza urgente da quando, nelle elezioni locali del 2019, Istanbul e Ankara sono passate all’opposizione.

Con la vittoria alle elezioni di giugno, nonostante le responsabilità del suo governo ventennale nella mancata prevenzione e nel responso disastroso ai terremoti di febbraio, Erdogan esporta nei grandi centri urbani le politiche in via di sperimentazione nel sud-est. A metà novembre, nella prima applicazione della legge, un’area di ben 207 ettari nel centro di Antakya, città devastata dal sisma, è stata designata «area di riserva».

Decine di edifici sono ancora in piedi, molti dei quali a processo per impedirne la demolizione. Secondo l’Ordine degli Avvocati di Hatay, 50mila persone verranno espropriate per attuare una ricostruzione «tabula rasa». Il 23 dicembre, il presidente ha presentato il piano per la «Trasformazione del Secolo» di Istanbul: se dal 2012 a oggi sono state ricostruite 800mila unità, l’obiettivo per i prossimi cinque anni è 1,5 milioni, un ritmo quasi quadruplicato.

SCELTE di pianificazione arbitrarie, centralizzazione decisionale, rigenerazione predatoria ed espulsione dei ceti meno abbienti hanno segnato lo sviluppo urbano in Turchia nell’ultimo ventennio. Il maxi emendamento istituzionalizza un modus operandi già radicato, dando al regime carta bianca per ristrutturare il tessuto urbano e redistribuire la rendita immobiliare attraverso i propri canali.

Anche se la legge appare incostituzionale su più fronti, sottolinea Nilüfer Erdogan dell’Ordine degli Avvocati di Istanbul, per ottenerne l’annullamento ci sarà bisogno di un’ampia mobilitazione civile, con il sostegno dei partiti di opposizione.

Nei prossimi mesi e anni, di fronte a un’erosione dello stato di diritto che si riflette nelle politiche di sviluppo urbano, vedremo se e come i movimenti urbani di Istanbul e di tutta la Turchia riusciranno a far fronte all’ennesimo attacco.