La Tunisia dei giovani sfida il coprifuoco e si solleva
Rivoluzione infinita Scontri notturni con la polizia in diverse città. Oltre 600 arresti, molti i minorenni. La pandemia ha aggravato la crisi peggiore dai tempi dell’indipendenza. E il governo tace
Rivoluzione infinita Scontri notturni con la polizia in diverse città. Oltre 600 arresti, molti i minorenni. La pandemia ha aggravato la crisi peggiore dai tempi dell’indipendenza. E il governo tace
Il lockdown decretato il 14 gennaio, giorno del decimo anniversario della rivoluzione, non è bastato a fermare le proteste in Tunisia. Al contrario, ha portato i giovani dei margini a riunirsi di notte, dopo il coprifuoco, per incendiare copertoni e far saltare petardi e fuochi d’artificio in segno di protesta. Da Siliana a Tunisi, passando per Kasserine, Kairouan, Sousse, la modalità è la stessa, come anche la risposta del governo. Prima la polizia è stata dispiegata massivamente nei quartieri popolari e nelle regioni dell’entroterra, poi il ministro della Difesa ha inviato l’esercito. La situazione è rapidamente sfuggita di mano e gli scontri notturni si sono moltiplicati, come per un effetto domino, trasformandosi a volte in vera guerriglia urbana tra cocktail molotov e gas lacrimogeni. «Ignorando, sanzionando e reprimendo le proteste pacifiche, il governo sta spingendo i manifestanti verso l’uso di metodi più estremi», avvertiva il rapporto di fine 2020 del Forum tunisino per i Diritti economici e sociali (Ftdes).
LE MANIFESTAZIONI NEL PAESE non sono infatti un fenomeno nuovo: da dopo la rivoluzione, la Tunisia non ha mai smesso di scendere in piazza. In dieci anni si sono osservate diverse ondate di proteste sociali, nel 2016, 2018 e 2019. La pandemia ha ulteriormente degradato le condizioni di vita già precarie di buona parte della popolazione di un paese dove 1 milione e 700 mila abitanti vivono ormai sotto la soglia di povertà secondo i dati dell’Istituto nazionale di statistica. Nelle zone di Gafsa, Sidi Bouzid, Kasserine, Tataouine – lontano dai riflettori della capitale – numerosi sit-in tentano da inizio dicembre di attirare l’attenzione dei palazzi di Tunisi su disoccupazione e salari. Il 45% dei tunisini lavora nel settore informale, spesso alla giornata, senza un contratto regolare.
IN QUESTI GIORNI non sono però i lavoratori precari e i disoccupati a occupare le strade, ma giovani e adolescenti, spesso ancora minorenni. Lo conferma un comunicato del ministero dell’Interno che annuncia 632 arresti tra le notti di sabato e domenica. Non è un caso infatti se i video amatoriali degli scontri con la polizia stanno circolando soprattutto su TikTok, raccolti dall’hashtag «il paese si solleva».
La tv nazionale continua invece a non riportare notizia delle proteste. Un segnale della tensione crescente tra quei giovani privati dei pochi spazi di aggregazione rimasti e le forze di polizia lo si è avvertito già prima dell’inizio del lockdown. Il 9 gennaio centinaia di tifosi si sono riuniti di fronte alla sede della Federazione calcistica tunisina, non lontano dallo stadio del quartiere di Menzah 1, per chiedere il licenziamento dei dirigenti del Club Africain. La polizia è intervenuta disperdendo la folla pacifica e ha arrestato più di 300 tifosi, tutti ventenni o poco più.
Una settimana dopo, il 15 gennaio, un gruppo di ragazzi ha violato il coprifuoco a Siliana (nord-ovest) dopo la diffusione di un video sui social che mostra un poliziotto malmenare un pastore, dando così inizio alle proteste notturne. Chi scende in piazza non presenta rivendicazioni esplicite, ma sembra semplicemente voler affermare la propria esistenza in un paese che attraversa oggi la peggiore crisi economica dai tempi della sua indipendenza, crisi che colpisce duramente giovani e donne. «Abbiamo più volte messo l’accento sull’aggravarsi del fenomeno dell’abbandono scolastico e sull’assenza dello Stato quando si tratta di sostenere il diritto all’educazione, alla salute, al lavoro dei giovani. Questo ha provocato quel sentimento di ingiustizia e umiliazione che accomuna oggi chi scende in strada», ha scritto il Ftdes in un comunicato a sostegno delle proteste.
Mentre gli scontri con la polizia proseguono per il quarto giorno di fila, il silenzio delle autorità alimenta il senso di frustrazione. Il presidente Kais Saied non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali né in occasione del decimo anniversario della rivoluzione né durante i primi giorni di proteste. Solo ieri si è recato in visita a El-Mnihla, uno dei quartieri della capitale teatro delle manifestazioni notturne.
LA PAGINA FACEBOOK della Presidenza della Repubblica si è limitata a diffondere un video e qualche foto del presidente circondato dalla folla: «Sono consapevole della vostra situazione e conosco chi vuole approfittarne. Non permettete loro di comprare la vostra miseria. I giovani tunisini non sono mai stati dei ladri, non diventatelo perché ve lo chiedono loro», ha affermato Saied facendo riferimento al saccheggio di alcuni negozi di alimentari e attaccando indirettamente i suoi avversari politici. Quanto al governo, il premier Hichem Mechichi ha annunciato sabato un maxi rimpasto e attende in piena crisi sociale la fiducia di un parlamento frammentato, ripiegato su se stesso.
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