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La trappola dell’«amico» bin-Salman

La trappola dell’«amico» bin-Salman

Smacco Italia L’Expo va all’Arabia saudita del principe Mohammed bin Salman, il mandante, secondo la Cia dell’assassinio del giornalista Jamal Kashoggi, l’amico (e pagatore) del senatore Renzi – che ne ha esaltato […]

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 29 novembre 2023

L’Expo va all’Arabia saudita del principe Mohammed bin Salman, il mandante, secondo la Cia dell’assassinio del giornalista Jamal Kashoggi, l’amico (e pagatore) del senatore Renzi – che ne ha esaltato il «rinascimento» -, invitato ironicamente l’altro giorno in Parlamento dalla presidente del consiglio Meloni a chiedere al regnante saudita il petrolio con lo sconto. Ma qui c’è poco da fare gli spiritosi e i giullari: all’Assemblea generale del Bureau international des expositions, a Parigi, Riad ieri ha portato a casa due terzi dei consensi pari a 119 voti su 182 Paesi votanti. Con 29 voti Busan, città della Sud Corea, si è classificata seconda, Roma è terza con 17 voti. Uno schiaffone sonoro perché neppure molti Paesi europei hanno votato per noi.

Eppure qualche avvisaglia c’era. A fine settembre l’Arabia saudita si era impadronita (pagando profumatamente) della Casina Valadier per dare vita a un sontuoso festival culturale proprio nel cuore della capitale: non era sfuggito che questa manifestazione precedeva di poco il voto per l’Expo 2030. I sauditi hanno lavorato benissimo con la diplomazia e i dollari per avere anche questa manifestazione che si aggiunge ai Mondiali di Calcio del 2034. E come tutti sanno Riad si è comprata con denaro pubblico (le pingui casse del regno wahabita) le star del calcio e anche l’ex l’allenatore della nostra nazionale Mancini, visto sfilare a Riad con le sciabola saudita in pugno. Altro che la Spada dell’Islam esibita in Libia da Mussolini: quella rimane custodita come un cimelio, adesso conta ben altro che la retorica del Ventennio.

Ma in questo amaro frangente i soldi sauditi che ci portano grandi commesse (citofonare Leonardo), ci fanno arricciare il naso. L’ambasciatore Giampiero Massolo, presidente del Comitato promotore, ha accolto con parole senza precedenti lo smacco di Parigi parlando di «deriva mercantile» e «metodo transazionale, non transnazionale». Per poi sbottare: «Fino all’ultimo, né a noi né ai coreani risultavano numeri di questa portata, quindi anche sull’ultimo miglio qualcosa deve essere successo».

«Non critico – ha continuato -, non accuso, non ho prove, ma la deriva mercantile riguarda i governi, e anche gli individui talvolta. È pericoloso: oggi l’Expo, prima i mondiali di calcio, poi chissà le Olimpiadi… non vorrei che si arrivasse alla compravendita dei seggi in consiglio di sicurezza dell’Onu, perché se questa è la deriva io credo che l’Italia non ci debba stare». Nobili parole quelle di Massolo, ex segretario generale della Farnesina, ex capo del Dis, dell’Ispi, presidente di Fincantieri e Atlantia. Ma proprio Fincantieri e Leonardo, revocato l’embargo a Riyad sulle armi, fanno affari d’oro in Arabia saudita. In questi casi non disprezziamo troppo i soldi sauditi e gli 800 miliardi di dollari del suo fondo sovrano.
Il problema è che il mondo è cambiato e fingiamo di non saperlo. La guerra a Gaza impedisce a Riyad di unirsi nel Patto di Abramo alle altre monarchie del Golfo in affari con Israele. Ma, come rivelato al G-20 c’è il «Corridoio India-Medio Oriente-Europa», concorrenziale alla Via della Seta cinese e al canale di Suez, per una rete ferroviaria che porterà merci dall’Asia passando per Emirati, Arabia Saudita e Giordania, fino ai porti in Israele e in Europa. Noi siamo in vendita…

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