L’approvazione al Parlamento europeo del mandato negoziale sulla legge per il ripristino della natura è stata accolta dagli applausi del centrosinistra e dal silenzio della destra. «Dire che non ci possiamo permettere la transizione ecologica è una bugia» attacca Annalisa Corrado, che nella segreteria Pd è responsabile Conversione ecologica, clima e green economy.

Perché è un voto importante?
È stato approvato un impegno da parte dei Paesi europei che, ovviamente, dovrà essere negoziato nel trilogo. Una novità assoluta in tema di ambiente perché, finora, tutte le direttive e le leggi erano mirate alla difesa, alla protezione e alla conservazione degli ecosistemi. Adesso entra in gioco la rigenerazione ambientale: politiche proattive, quindi, di rinaturalizzazione, creazione di corridoi ecologici. Gli ecosistemi sono talmente tanto aggrediti, e talmente esauriti in alcuni casi, che non basta più pensare solo di proteggerli.

La Lega dice che è uno schiaffo ai sistemi produttivi, FdI che è una legge figlia dei green chic.
La loro è disonestà intellettuale. La destra in generale sta gestendo tutto il green deal come se fosse un capriccio dei radical chic. Come per l’auto elettrica, bollata come qualcosa che nessuno si può permettere. In realtà è esattamente il contrario: la transizione ecologica è un grande piano sociale per l’abbattimento delle diseguaglianze. Ovviamente va gestito in questa direzione o non funzionerà. Il settore dell’agricoltura biologica, che ha puntato sulla sostenibilità da tanto tempo e con successo, è contento che si avvii una nuova strada. Chi utilizza sistemi «tradizionali» è più preoccupato. Ma siamo in un tempo in cui l’agricoltura è provatissima dal cambiamento climatico, dagli agenti patogeni, da un impoverimento del suolo che vuol dire meno fertilità. Anche la fauna ittica è calata. La transizione non può stare sulle spalle di chi vive di pesca e agricoltura altrimenti è chiaro che verrebbe recepita come il nemico.

Il centrosinistra rischia di perdere consensi?
Lo sforzo deve essere quello di spiegare che rallentare le conseguenze drammatiche della crisi climatica, rallentare il degrado dell’ecosistema vuol dire dare lavoro a medio e lungo termine in maniera più serena. Bisogna trovare delle forme perché il pubblico si prenda carico della transizione con i giusti aiuti, le giuste leggi che passano anche dalla fiscalità ambientale. La transizione deve procedere con un approccio sistemico. Per questo è un grande piano sociale: dà nuove prospettive economiche, più sostenibili, e più risposte in termini di salute ai cittadini sui territori. Le malattie respiratorie colpiscono di più le persone fragili, che hanno più difficoltà di accesso al sistema sanitario. Muoiono per le ondate di calore gli anziani, chi è solo. La destra dice che il green deal è roba per ricchi, che non possiamo permettercelo. Invece non ci possiamo permettere di continuare a ignorarlo.

La destra rivendica la difesa delle associazioni di settore.
In realtà fanno gli interessi di grandi lobby più che gli interessi dei lavoratori. Difendono i privilegi acquisiti da una ristrettissima cerchia. E non si preoccupano a medio termine di quello che accade ai più fragili o alla piccola e media impresa. Alzano il livello di aggressività verso l’ecosistema e anche verso i lavoratori. Applicano le stesse logiche del Novecento, del tutto fallimentari, che ormai non ci possiamo più permettere.

Però l’eurodeputato dem De Castro ha rivendicato la cancellazione dell’articolo 9 sul ripristino degli ecosistemi agricoli.
Che ci siano parti che possano essere negoziate va benissimo, il problema è che la destra ha cercato di interrompere il percorso di questa legge. È giusto trovare le forme per rendere anche più partecipato il percorso di una norma così importante.

Il Ppe e Renew si sono spaccati sul voto. C’è chi dice che è fallito il tentativo di sganciare i Popolari dai Socialisti e c’è chi dice che è finita la maggioranza Ursula.
Le divisioni al centro ci dicono che c’è una tensione forte ma i giochi non sono già fatti in vista delle prossime europee. C’è una battaglia da combattere metro per metro e la partita è più aperta di quello che sembra. In ogni caso il green deal non può diventare oggetto di uno scontro ideologico, nell’altro campo hanno cercato di trasformarlo nel nemico ma mi pare che abbiano fallito.

Il governo Meloni si è opposto. Fa gli interessi del Paese?
Abbiamo il 50% di tutta la biodiversità vegetale europea e il 30% di quella animale. Un patrimonio preziosissimo e ineguagliabile. Siamo anche un hotspot dei cambiamenti climatici: la collocazione al centro del Mediterraneo ci espone a eventi estremi. Abbiamo un problema enorme di qualità dell’aria. Il ripristino della biodiversità è una strada necessaria da percorrere. Più volte abbiamo dimostrato che possiamo diventare una potenza dal punto di vista economico puntando sul green e invece il governo dice no. Abbiamo tenuto la Fiat legata al fossile quando tutto il mondo stava andando verso l’elettrico e continuiamo ostinatamente a rimanere in quel solco.