La «supplentite» continua: la vita agra di 150 mila docenti precari
In classe A febbraio i bandi per un concorsino per 63.712 docenti che saranno assunti nei prossimi tre anni, inferiori ai pensionamenti. Renzi: «La supplentite finirà quando la “Buona Scuola” andrà a regime, cioè tra due o tre anni». Non rispettata la sentenza della Corte di Giustizia Ue che chiede la stabilizzazione dei precari. Il futuro incerto per decine di migliaia di persone che resteranno precarie.
In classe A febbraio i bandi per un concorsino per 63.712 docenti che saranno assunti nei prossimi tre anni, inferiori ai pensionamenti. Renzi: «La supplentite finirà quando la “Buona Scuola” andrà a regime, cioè tra due o tre anni». Non rispettata la sentenza della Corte di Giustizia Ue che chiede la stabilizzazione dei precari. Il futuro incerto per decine di migliaia di persone che resteranno precarie.
La supplentite continuerà a colpire i precari della scuola. Il «concorsino» della scuola per 63.712 mila insegnanti, confermato ieri in una conferenza stampa dal presidente del consiglio Renzi, sarà bandito a febbraio e consisterà in prove scritte computerizzate, ma non quiz, e quesiti anche in lingua straniera. I tre bandi non basteranno ad assorbire gli altri docenti precari, già abilitati o con almeno 36 mesi di servizio, esistenti nella scuola italiana. Per avere un ruolo stabile, questi ultimi dovranno aspettare tre anni, nel frattempo continueranno a lavorare da precari-supplenti. I vincitori del concorsino non saranno assunti tutti subito, ma a scaglioni e spalmati nel triennio. Servono a coprire parzialmente il turn-over dei pensionati. Il loro futuro è ancora incerto: non si sa come, cosa e dove andranno a insegnare.
A Renzi l’annuncio del «concorsino», avvenuto con due mesi di ritardo, è servito per riaccendere la fiammella della sua riforma. Il presidente del Consiglio è sembrato meno tronfio del solito: «La supplentite finirà quando la “Buona Scuola” andrà a regime, cioè tra due o tre anni» ha ammesso. Dunque, non subito. È un modo per mettere la polvere sotto il tappeto. Tra due-tre anni i precari ci saranno ancora e il governo non avrà rispettato la sentenza della Corte di Giustizia Europea che impone di assumere chi ha lavorato almeno 36 mesi negli ultimi cinque anni: si parla di altre 100-150 mila persone.
Le 102 mila assunzioni dalle graduatorie ad esaurimento (GaE) avvenute con la Buona Scuola sono servite a Renzi per evitare una multa dall’Ue, per simulare la soluzione del precariato degli insegnanti (non del personale Ata), per creare una nuova categoria di docenti: i «potenziatori» o «tappabuchi». Circa 52 mila docenti non avranno una cattedra come gli altri, ma risponderanno ai «piani formativi» dei presidi-manager. Resteranno in attesa di un incarico in uno o più istituti appartenenti a uno dei 380 ambiti territoriali che saranno nel frattempo istituiti. Ottomila docenti «potenziatori» stanno subendo una beffa che ha dell’incredibile: a distanza ormai quasi di tre mesi dall’immissione in ruolo, risultano ancora senza stipendio. Per fare in fretta il governo ha dimenticato i soldi per pagarli. Una soluzione sarà trovata, ma lo stato si conferma il peggiore dei datori di lavoro in Italia.
Sulle GaE il premier detto che «sono entrati in modo definitivo persone che erano precari da 20 anni. Si tratta di una questione di civiltà». La «civiltà» è un concetto complicato, e discutibile, non privo di problemi legati alla violenza. Nello specifico il governo ha preparato un piccolo inferno per i precari storici. È il caos della «fase C» – i «potenziatori-tappabuchi» . Seduto tra Giannini e il ministro della funzione pubblica Madia, ieri Renzi se n’è lavato le mani: «Il potenziamento dipende dalle valutazioni che riguardano le singole scuole – ha detto – Ci sono delle cose che devono essere sistemate».
«Questi problemi sono causati da una cattiva riforma che il governo ha voluto ostinatamente portare avanti» ha commentato Rino Di Meglio (Gilda) che ha lasciato ieri il tavolo sulla mobilità di circa 250 mila docenti. Un rebus a cui il Miur e i sindacati non riescono a trovare una soluzione: il governo intende cancellare la titolarità sulla scuola da parte del docente, i sindacati si oppongono. La Gilda ieri ha rotto gli indugi: ricorrerà alle vie legali e sosterrà il referendum abrogativo della renzianissima riforma.
Altro capitolo, celebrato ieri con enfasi: l’accorpamento delle classi di concorso, un provvedimento atteso dalla riforma Gelmini e necessario per celebrare il nuovo concorso. Il governo ha ridotto le classi di concorso da 168 a 116, sostiene di avere eliminato quelle che hanno provocato il problema delle graduatorie infinite, ne ha create 13 nuove di zecca. In realtà i docenti si troveranno a insegnare materie su cui non hanno competenze, ma «affini» alla loro specializzazione. «Un accorpamento ispirato a una logica riduttiva e nozionistica» commenta Annalisa Pannarale (Sinistra Italiana). «Oltre al danno, la beffa – sostiene Gianni Cuperlo (minoranza Pd) – In un paio di mesi i docenti dovranno attrezzarsi per un concorso strutturato su nozioni nuove e finora non necessarie. Ad aggravare il quadro è la situazione dei precari che dovranno sostenere quella prova: tutti docenti in servizio e impegnati in attività didattica». «L’esecutivo rischia di trasformare un provvedimento atteso in un’occasione mancata – sostengono i parlamentari dei Cinque Stelle – Meno di un terzo dei precari sarà assunto e sugli altri non c’è una soluzione all’orizzonte».
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