In questo lembo di Calabria Jonica dove anche il prode Ulisse riposò le sue membra, i sommersi sono ormai inabissati in fondo al mare. Non li ritroveranno più, così pare. Domenica erano 59 le vittime accertate del naufragio di Steccato di Cutro. Ieri il tragico elenco si è allungato. Altre quattro salme sono state recuperate, ne manca all’appello una trentina. La giornata è plumbea come ieri. Cade una leggera pioggia. Ma il vento non è impetuoso come nell’alba maledetta del 26 febbraio.

LE ONDE ASSASSINE non svettano più. La distesa di quella sabbia rossa che da Barco Vercillo a Capo san Donato colora gli otto promontori del territorio è ancora una discarica di brandelli di umanità negata. Nessuno si è preoccupato di estrarli. Galleggiano i pezzi di legno azzurro del peschereccio. E poi ci sono le scarpe, i vestiti, documenti inumiditi, salvagenti, i rottami di una bici da bambino, un pallone. Una beffa, se si pensa che il Crotone Calcio proprio su questa spiaggia è solito allenarsi in estate.

A BORDO DELLA “nave della speranza” viaggiavano tra i 160 e i 180 migranti: pachistani, afghani, iraniani, siriani. Tutti inviati dai loro parenti in missione per la vita. Con i risparmi racimolati dopo anni di sacrifici. Quattro giorni nel mare, tre notti a sbattere contro i flutti. E poi le luci della costa, l’incaglio nella secca e la tragedia. Chissà cosa scriverebbe oggi Pasolini che proprio in queste terre, e su queste spiagge, girò Il Vangelo secondo Matteo. Il paesaggio, le luci e i colori del Marchesato di Crotone, gli ricordavano la Palestina. E i 200 “poveri cristi” provenienti da Smirne ieri avevano intravisto all’orizzonte il miraggio della salvezza. Prima che il barcone si spezzasse tragicamente in due. L’arenile, il giorno dopo, si presenta spettrale. Così come fantasma è lo Stato. Pare quasi che l’Italia a trazione Meloni si vergogni di piangere i morti che chiedevano ospitalità, reclamavano accoglienza.

LA PASSERELLA DEL ministro degli Interni, Piantedosi, è stata urticante. Un giro veloce in spiaggia a perlustrare i luoghi. E poi via, verso la prefettura del capoluogo per la rituale conferenza. Attorniato dalla sua sottosegretaria, la catanzarese Wanda Ferro, e dal presidente di regione Occhiuto, il ministro ha sciorinato tutto il repertorio della politica xenofoba del governo. Fino al punto di definire “un dovere etico per lo Stato” il blocco delle traversate e “la disperazione” una colpa che non giustifica arrischiare la vita dei propri figli. Ma anche la città di Crotone pare distratta, indifferente. Il sindaco, Vincenzo Voce, un ex grillino che oggi flirta con Forza Italia, ha annunciato un piccolo minuto di raccoglimento negli uffici pubblici. Un’inezia, nulla più. Neanche le bandiere a mezz’asta, neanche le scuole chiuse.

LATITANO LE ISTITUZIONI ed è assente la politica. La popolazione, invece, risponde presente. Così, alla spicciolata, centinaia di crotonesi, molti bambini, si dirigono al Pala Milone, il palasport del dolore. Le vittime sono state portate domenica sera, imbustate in plastica bianca. Nessun nome. Nessun ricordo. Solo sigle. Come la bimba identificata con la sigla Kr14f9. Si chiamerà Angelita, verrà sepolta a Catanzaro per espressa richiesta del sindaco Nicola Fiorita. Arriva il vicepresidente della Cei e vescovo della Sibaritide, Francesco Savino. Benedice le salme all’interno e celebra una preghiera multiconfessionale con cristiani e musulmani all’esterno. L’inferriata del palazzetto si cinge di fiori e cartelli, si depongono giocattoli e peluche.

INCONTRIAMO FILIPPO SESTITO, storico animatore degli antirazzisti locali. Fervono i preparativi per la fiaccolata silenziosa della sera.“Al ministro Piantedosi chiediamo rispetto per le vittime e per i cittadini crotonesi che a mani nude combattono il mostro dell’odio ed affermano il valore della solidarietà umana. Stasera al termine del presidio consegneremo al prefetto un documento in cui metteremo nero su bianco le nostre doglianze. A partire dai soccorsi mancati”. In effetti, il rimpallo sulle responsabilità inizia a montare. Nel novembre 2021 in un caso analogo, con condizioni meteo altrettanto “impossibili”, lo sbarco e il soccorso furono impeccabili. E 80 migranti vennero tratti in salvo al porto di Crotone. Lo ricorda Patrizia Alampi, ispettrice territoriale infermiere volontarie della CRI. “Pensavamo di andare incontro ad una situazione simile a quella, allorquando tra gli scogli di Isola una barca si incagliò. Ne salvammo ottanta. Ieri no. Non è andata così”.

NELLA FATAL NOTTE del 25 febbraio, dunque, non è ancora ben chiaro cosa sia successo. C’è il ruolo, opaco, avuto dal ministero delle Infrastrutture diretto da Salvini. E c’è una cosa certa: le motovedette che erano in grado di traversare il mare in tempesta sono in dotazione solo alla Capitaneria di porto. Due giorni fa non sono state impiegate.

DA IERI IL COMANDANTE della guardia costiera pitagorica non parla. Dal ministero ha ricevuto una ferrea consegna del silenzio. La procura della Repubblica ha, intanto, aperto un fascicolo. Ma il procuratore, Giuseppe Capoccia, precisa: “Indagine solo sul naufragio”.

IL MISTERO DEI SOCCORSI, comunque, continua. Ed, infine, ci sono i sopravvissuti. Sono 80 e li hanno parcheggiati come “carico residuale” e d’ingombro al Cara di Isola di Capo Rizzuto, la famigerata struttura statale finita più volte in giri di ‘ndrangheta e mazzette. Un luogo non proprio ideale per alleviare il dolore. E così ci ha pensato Giovanni Manoccio ex sindaco di Acquaformosa, “il borgo dell’accoglienza”, a fare una proposta concreta ed encomiabile. “Vengano da noi. Chiederò al prefetto di Crotone e al Servizio centrale di poter accelerare le pratiche di trasferimento. I nostri professionisti, psicologi ed etno-psicologi, in mattinata partiranno per Crotone. Dove cercheranno di dare un sollievo alle vittime di questo terrificante naufragio”. Una lezione al governo del cinismo e dell’indifferenza.